Bush Street, San Francisco

La pensione per studenti era al 715 di Bush Street a San Francisco.
La mia camera era al terzo piano.
Si mangiava nelle cantine in un ristorante francese chiamato Jeanne d’Arc.
Le lezioni di Inglese cominciavano alla mattina e finivano nel tardo pomeriggio.
Le frequentai solo la prima settimana, poi mi diedi al vagabondaggio.
Giravo con altri studenti per la città meravigliandomi ad ogni angolo di come l’America fosse l’America.
Era il 1984.
Prendiamo un auto e decidiamo di andare verso sud, raggiungiamo Los Angeles, da li proseguiamo per San Diego.
Sfidando tutti coloro che ce lo sconsigliavano attraversiamo il confine per arrivare a Tijuana.
Da li scappiamo dopo essere stati fermati per due ore dalla polizia messicana.
Raggiungiamo Yuma in Arizona.
La nostra auto è targata 1CAZ329.
La soprannomino l’auto col cazzo lungo piu’ di tre metri.
A Tuscon scopro che nei grandi magazzini non ci sono sistemi di allarme.
Rubiamo di tutto.
Vestiti, scarpe e puttanate varie.
C’era andata bene, sul letto della stanza d’albergo era stesa tutta la refurtiva pronta per essere caricata in macchina.
Ma abbiamo finito le sigarette.
Usciamo a comprarle, anzi no, decidiamo di rubare anche quelle.
Ci fermano all’uscita dello store e ci dicono di aprire la giacca, io guardo Marco, lui guarda me e decidiamo di scappare senza guardarci indietro.
Facciamo un lungo viale di corsa nascosti dietro le auto in sosta,quasi a quattro zampe per non farci vedere.
Arrivati in albergo carichiamo tutto in macchina e ce ne andiamo in direzione New Mexico.
Lo avevamo visto nei film; l’importante è arrivare in un altro stato.
Arrivammo a Lordsburg che era sera.
Eravamo salvi.
Il giorno dopo saliamo verso nord.
Preso da qualche raptus mi fermo in un parrucchiere per signora di Roswell e chiedo di farmi i capelli color fucsia.
Arrivati a Santa Fe decidiamo che non c’è piu’ pericolo.
Rientriamo in Arizona.
Monument Valley e Grand Canyon.
Nel frattempo mi accorgo che mancano 10 giorni al mio rientro in Italia.
Se mio padre mi avesse visto con i capelli color fucsia mi avrebbe ammazzato.
Compro una lametta da barba e chiedo a Marco di rasarmi a zero.
L’operazione avviene dentro una vasca da bagno.
Cadono i capelli e cadono pezzi di pelle, a lavoro finito la mia testa è piena di tagli e di sangue.
Andiamo a dormire.
La mattina dopo mi sveglio prestissimo, vado allo specchio e mi faccio paura da solo.
Ho una testa spappolata.
Decido di fare uno scherzo.
Mi metto in ginocchio di fronte al lato del letto dove Marco sta dormendo.
Lo sveglio, apre gli occhi e mi vede che sembro Freddy Krueger.
Lancia un urlo e salta sul letto. Io mi piego in due dal ridere.
Arrivati al Grand Canyon ci sono code per fare qualsiasi cosa ma la gente dopo aver visto la mia testa pensa io sia gravemente malato e decide di farmi passare avanti.
Dopo qualche giorno le cicatrici spariscono e rimane solo la pelata.
Arrivati a Las Vegas mentre cammino sulla Strip un tizio mi dice se voglio scoparmi la sosia di qualche personaggio famoso e mi lascia un biglietto da visita di un agenzia che propone prostitute identiche ad attrici e cantante.
Arrivato in albergo chiamo e chiedo che mi mandino la sosia di Madonna.
Arriva una ragazza che assomigliava a Tina Turner.
La mando via.
Richiamo. Ripeto che voglio Madonna.
Arriva una ragazza che assomigliava alla versione femminile di Spock di Star Trek.
Richiamo un ultima volta e mi incazzo pure.
O mi mandate Madonna o andate a fare in culo.
Passa mezz’ora ed arriva Madonna.
Identica, entra in camera con uno stereo portatile appoggiato sulle spalle dal quale usciva la canzone Holiday.
Si spogliò ballando poi venne sul letto e a 20 anni potevo dire di aver fatto l’amore con Madonna.
O quasi.
Lasciata Las Vegas tornammo verso San Francisco da dove saremmo ripartiti per tornare in Italia.
L’ultimo giorno di lezioni tornai in classe, la maestra d’inglese mi guardò come se non me ne fossi mai andato.
Andai in segreteria ritirai un attestato di frequenza e passai l’ultima notte ad una festa di drag queen.
A Milano vennero a prendermi mia madre e mio fratello.
Mia madre mi chiese come era andata.
Benissimo, dissi, a parte le lezioni di inglese che erano state dure da sopportare.
In testa mi era cresciuto un centimetro di capelli, quello che bastava per rientrare nella norma.
E mentre tornavo verso Genova avevo solo un desiderio.
Fuggire di nuovo.

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