Chet

dio maiuscolo o minuscolo
nel caso esista credo non si preoccupi di questo
Dio o dio
è la parola che porta fuori strada
cosa vuol dire una parola
un suono
un idea
non pensate che ci voglia ben altro
per arrivare solo a sfiorare
il motivo
per cui ogni giorno c’è chi subisce
c’è chi gode
c’è chi vive
e c’è chi muore
senza un apparente ragione
almeno che non ci si accontenti
ed io mi accontento
di ascoltare Chet Baker
che suona
Chet che di sicuro ora sa cosa c’è di vero
in tutto questo parlare 
di dio o di Dio

un pomeriggio in attesa

un pomeriggio in attesa che la lavatrice della lavanderia mi finisse di lavare i pantaloni e le magliette sporche seduto sull’uscio di casa mentre fuggivo come una lepre che si è messa d’accordo con la volpe per convincerla a correrle dietro cercando di dare un senso alla vita attraverso il tentativo di crearsi un alibi che giustificasse la fuga facendo finta di non sapere che io sono lepre e volpe, freno ed acceleratore, benzina e serbatoio e tu eri un traguardo posto cosi’ lontano da non correre il rischio di raggiungerti mentre lo scrittore raccontava di quando passava i pomeriggi nascosto sotto il tavolo della cucina innamorato delle ginocchia della cuoca 
se tutto avesse un senso forse non avrebbe più senso il tutto

Buonanotte

Marina Del Rey

me ne sto su questa spiaggia di fronte a Marina Del Rey con le scarpe piene di sabbia ma la sabbia non mi ha mai dato fastidio mai sentito l’esigenza di fare una doccia dopo una giornata al mare la salsedine mi fa un piacevole solletico e poi posso succhiarmi il braccio e salarmi le labbra mi piace vedere la gente correre sono un appassionato dello sforzo fisico altrui come se l’esercizio che mi riesce meglio sia quello di guardare in che direzione vanno le vite degli altri sorseggiando una bottiglia d’acqua minerale ho smesso di bere una vita fa quando improvvisamente mi ritrovai a bere del Jack Daniel dalla bottiglia e mi domandai in quale cazzo di strada di merda mi stessi incamminando smisi da un giorno all’altro sono un esperto nello smettere smettere di credere a tutte quelle stronzate su dio smettere di credere ai giornalisti smettere di fumare smettere di guardare dalla finestra la vicina che camminava nuda smettere persino di immaginare cosa accade quando si crepa molto meglio sedersi su questa sabbia calda che si adatta perfettamente al mio culo e smettere di pensare ma smettere di pensare non è facile e se ci provo mi ritrovo a pensare al ricordo di lei che di fronte a una folla di diecimila persone cercava me che mi ero allontanato per andare a pisciare mi confessò che ebbe paura di avermi perso quando le dissi che non mi avrebbe mai perso rise come si ride di uno scampato pericolo e ora ha una figlia che va all’università e non è figlia mia e probabilmente manco si ricorda perché i ricordi fuggono per non darti la possibilità di pensare che forse hai sbagliato tutto e non puoi ricominciare domani dicono che piova e se piove torno al mare parcheggerò’ dove non ci sono alberi per sentire la pioggia battere sul tetto e provare a stare sveglio immaginando di sognare

La volpe

Ieri sera tornando a casa mi volto verso la vetrina di un negozio di giocattoli e vedo una volpe che mi osserva.
La prima cosa che ho pensato è che sarebbe stata un ottima compagna di viaggio e avrebbe dato un tono all’ambiente.
Ed oggi eccola qua seduta di fianco a me.
E si va…

La foto di mia madre

Ho trovato in una scatola la foto di mia madre.
Una foto ingiallita.
Ho deciso di colorarla.
Colorare da adulto la propria madre bambina è stato come fare un salto mortale atterrando sulle ginocchia di fronte al tempo che simile a un dio invecchiato ti chiede come tu ti sia permesso tanta arroganza.
Ciò che il tempo scolorisce possa l’uomo non colorare.
Ma disubbidire mi fa stare bene, il tempo ha sorriso e mi ha lasciato andare.
E ora mia madre è a colori e io in bianco e nero.

Se scrivessimo d’amore?

Se scrivessimo d’amore?
Qualcosa che faccia effetto.
Devo prima inventarti come se fossi l’unica possibile, la migliore e insostituibile.
Poi devo darti una bocca da baciare, fingermi orso e trasformarti in miele, e per avere più likes devo scrivere che sarà per sempre ma per sempre davvero.
Ci metto dentro un tocco di magia dicendo che volo quando mi dici che sei mia.
Non ci vuole molto a far smuovere la gente quando si scrive d’amore, basta che racconti una storia impossibile dicendo che è vera, del tipo che te ne si andata e poi sei tornata, o che quando mi hai tradito lo hai fatto perché volevi lanciarmi un segnale e per fare un pò pena dire che ti ho perdonato e abbiamo finito la serata facendo l’amore.
Tra l’incoscienza e la ragione, quando si scrive d’amore fai commuovere anche quando racconti che ti sei comportato come un coglione.
E poi per terminare nomina la speranza, il cielo in una stanza, e non dimenticare di sottolineare che quando si ama si supera ogni distanza.
Non ci vuole veramente un cazzo per scrivere qualcosa di decente quando si parla d’amore, è come fare una bella fotografia davanti a un deserto, tu pensi di essere un artista, ma l’artista è la sabbia tu hai solo schiacciato un pulsante sotto un sole accecante.
Stavi pensando che la manderai con un whatsapp a quella che non ti ha mai cagato, le scriverai “amore mio, sono in mezzo al nulla e ti ho pensato”.
E lei ti risponderà:
“amore mio se sei in mezzo al nulla sei perfettamente mimetizzato approfittane per fare qualche cazzata senza essere guardato”.
No non ci vuole proprio niente a scrivere d’amore, puoi inventare qualsiasi cosa e ti diranno bravo il problema sorge quando vorresti dire qualcosa di vero, perché l’amore per davvero non si fa trovare, non si fa vedere, non si fa nemmeno guardare e col cazzo che si fa raccontare..

Ora

Ora.
Cerco su you tube qualcuno che mi spieghi il perchè.
Trovo maestri di vita introdotti da inni alla gioia, ex campioni olimpionici di kung-fu diventati maestri del tao, medium e spiritisti che riportano le saggezza dei morti e poi uno di quelli che da le motivazioni giuste, vorrebbe convincermi che si può attraversare un oceano a nuoto.
Basta solo crederci.
Questo è il problema.
Io non ci credo.
Non credo in nulla.
Nemmeno a me stesso.
Non riesco a trattenermi dal guardarmi allo specchio e chiedermi ma tu chi cazzo sei.
Guido mi hai lasciato senza un euro, hai passato una vita a cazzeggiare, non hai mai imparato a venderti ma soprattutto non hai mai imparato a non romperti i coglioni di tutto.
Ho lasciato alle mie spalle luoghi e amori cercando il luogo perfetto e l’amore perfetto.
Non so se avete presente quella sensazione che ti prende dopo aver fatto l’amore che ti fa pensare:
Tutto qui??!!!
Tutto sto casino per un orgasmo di sette secondi di cui scientificamente è provato che solo 2 siano di un intensità tale da giustificare lo sforzo.
Il fine è la riproduzione, i due secondi sono la carota messa davanti al coniglio per farlo correre, l’amore è l’accessorio di lusso che gli umani hanno inventato per sentirsi meno stupidi.
Tutto questo cinismo mi corrode.
Combatto la corrosione pensando all’adolescenza.
Tempi in cui tutto era ribaltato.
Il sesso era l’accessorio, l’amore era la sostanza.
Ai tempi ci credevo.
Come ho creduto alle anime fragili, alle mani sudate, ai vetri appannati, alle carezze che ti facevano toccare un universo, l’universo che era lei con la sua t-shirt bianca, i suoi jeans e i suoi piedi scalzi tenuti in grembo ed accarezzati come si accarezza il desiderio che non si è mai voluto dire per la paura di scoprire che non si sarebbe mai realizzato.
Nevicava raramente a Genova.
Ma il fatto che a volte accadesse rendeva quel fatto un evento capace di farmi credere ai miracoli.
Quando accadeva uscivo di casa e camminavo per ore in direzione del mare.
C’è qualcosa di mistico in una spiaggia innevata.
Nulla mi aveva portato cosi’ vicino a credere in Dio quanto la visione di Boccadasse coperta di neve.
E quando la neve si scioglieva Dio dimostrava di essere luce e fango, esattamente come tutti gli umani.
Ora.
Il gatto guarda fuori dalla finestra e fuori non c’è nessuno.
Sta immobile fissando il vuoto come se nel vuoto ci fosse qualcosa capace di attirare l’attenzione.
Se avessi i suoi occhi forse riempirei la mia mancanza di qualcosa, dando un senso al nulla.
Fondamentalmente…
Amo la parola “fondamentalmente”.
Fondamentalmente non ho mai imparato a conoscermi e continuo a fidarmi di me stesso nella speranza di non deludermi.
Almeno io.
Buona domenica.

L’ossidazione dell’anima

Sono sul prato del parco vicino al negozio, sto ascoltando una raccolta di canzoni degli anni 70.
Chiudo gli occhi.
Cerchiamo di ricordare.
L’aula era al quarto piano, e di fronte c’era l’aula dei compiti in classe.
Al mare ero innamorato di Daniela, stavo sdraiato sul materassino con gli occhi socchiusi fissi verso la scaletta che portava allo stabilimento balneare.
E aspettavo di vederla arrivare.
Un giorno palleggiammo a pallavolo e riuscimmo a non far cadere la palla per 5 minuti.
Era il record della spiaggia.
Io ero felice, avevamo un qualcosa in comune. Il record.
La casa dove perdetti la mia verginita’ si trova in un paesino chiamato Vaccarezza. E’ una casa di campagna, la casa del nonno di Alessandra.
Il giorno che accadde c’era un temporale e un fulmine entro’ in cucina e ando’ a scaricarsi su un pentolone di rame appeso al muro.
Un boato incredibile.
Io e Paolo Tixi suonavamo le canzoni di Fabrizio De andre’, chiusi in camera sua, cantando piano perche’ i suoi genitori pensavano stessimo studiando.
Ero simpatico alla mamma di Paolo, ma suo padre mi detestava, per lui ero un piccolo delinquente.
A Berceto una volta all’anno facevano una festa alle “Villette”, era la festa che aspettavo per vedere Silvia che abitava nella prima villa.
Mi piaceva da pazzi e un giorno le regalai un cuscino a forma di cuore e sopra feci scrivere: “A Silvia”.
Lo tenni sotto il giubbotto per tutta la sera poi presi coraggio e glielo regalai.
Quando glielo porsi accanto a lei c’era la sua migliore amica, una cicciona, anche lei si chiamava Silvia.
La cicciona esclamo’: “Che bello.”
Silvia la guardo’ e le disse: “Te lo regalo.”
E il mio regalo fini sul letto della Silvia “sbagliata”.
Il mio primo motorino lo personalizzai con piccole strisce rosse sul suo fondo nero.
Lo amavo come John Waine amava il suo cavallo.
Mi serviva per andare in paese, la mia casa in campagna e’ in mezzo ai boschi a tre chilometri dal primo centro abitato.
Dietro al motorino, su una grata di ferro, legavo il mio quaderno dove scrivevo le poesie.
Stavo andando ad incontrare gli amici in piazzetta e quando arrivai feci per prendere il quaderno ma non c’era piu’.
Era caduto, da qualche parte sulla strada da casa mia al paese.
Tornai indietro.
Tornai indietro cento volte ma non lo ritrovai mai piu’.
Ancora oggi, dopo piu’ di trent’anni quando percorro quella strada faccio attenzione ai bordi della carreggiata. 
Magari lo trovo.
Una sera mio padre e mia madre andarono a cena in paese.
A casa eravamo io, i miei due fratelli e mia sorella appena nata nella sua culla.
A tenerci a bada una baby sitter.
Eravamo tutti in cucina quando alle dieci di sera scoppio’ la bombola del gas.
Una bomba.
Salto la luce, polvere e fumo, terrore.
Scappammo lasciando mia sorella nella sua culla in cucina.
Raggiungemmo il paese a piedi.
Poi trovati i miei genitori una corsa al contrario a velocita’ folle con mio padre impazzito che urlava: La bambina!!! La bambina!!!! Perche’ l’avete lasciata la’!!!
Arrivammo a casa, con una pila entrammo in cucina.
Sul tetto della cucina c’erano appesi mille pentoloni di rame.
Erano caduti tutti meno uno.
Quello che era sulla culla di mia sorella.
La mia casa di campagna si chiama “Madonna della Quercia” era un vecchio convento, al centro c’è una chiesa consacrata e mio padre fece fare un ex voto di ringraziamento.
Un giorno organizzammo una partita di calcio: Villeggianti contro Locali.
Eravamo sfavoriti da ogni pronostico.
Si giocava al campo comunale, un sacco di gente a guardarci.
Fischio d’inizio.
Mi passano la palla, faccio tutto il campo, nessuno mi ferma, limite dell’area, esce il portiere, diagonale, gol.
Uno a zero per noi.
Abbracci e festeggiamenti.
Poi la partita riprende.
Passa qualche minuto e pareggiano.
E poi due a uno per loro.
3-1
4-1
5-1
6-1
7-1
Fini cosi’.
Sette a uno per loro.
Ma l’unico cosa che ricordo bene e’ quel primo minuto, e quei pochi minuti in cui eravamo in vantaggio.

Finiscono le canzoni. Il silenzio mi riporta al presente.
Mi ritrovo in mezzo al prato con una confusione temporale.
Quante cose’ ho dimenticato?
Quante cose nessuno sa di me?
Quante cose non so degli altri?
L’ossidazione dell’anima avviene lentamente con l’ossidazione dei ricordi.
I nostri cancelli di ferro che arruginiscono.
I cancelli del nostro passato che non trattengono piu’ l’invadente arrivo del futuro.
Una sola cosa.
Non e’ il futuro a spiegare le nostre vite, e’ il nostro passato remoto.
Tutti i segreti sono racchiusi in quelle pagine.
Ricordate quei diari dove scrivevate i vostri pensieri per poi chiuderli, lontani da occhi indiscreti, con un lucchetto.
Quei diari raccontano di noi piu’ di quanto noi potremmo dire oggi.
Quando si ama una donna o un uomo, quando si ama davvero, in realta’ si ama il bambino che e’ in noi, e quel bambino ci porge la chiave e con gli occhi ci dice.
Apri e leggi.
“Avere fiducia in qualcun altro e’ a volte l’unica condizione per aver fiducia in se stessi.”
E ora…
Vado a dormire.

L’uomo nero

L’uomo nero ha sempre un cappuccio, lo usa per appoggiarsi quando dorme contro qualcosa di duro. 
E nonostante la leggenda dica che sia pericoloso l’uomo nero ha solo voglia di essere lasciato solo.
L’uomo nero quando sogna sogna di bere una tazza di tè in compagnia di una principessa daltonica che avendo un opinione personale di ogni colore lo crede rosso come l’amore. 
E l’uomo rosso e la principessa daltonica nel sogno fuggono nella foresta amazzonica dove tra liane e pappagalli passeranno la vita intagliando coralli.
Se state pensando che non ci sono coralli in una foresta fatevi in giro nella vostra testa, trovate l’immaginazione e vedrete coralli crescere su ogni cornicione.

Ho un milione di difetti

Ho un milione di difetti.
Ne ho così tanti che se i miei difetti fossero stelle tu non vedresti l’ora che arrivi la notte per poter osservare il cielo.
Ho voglia di raccontare storie anche a chi non ha nessuna voglia di ascoltarle.
Sono vecchio e non me ne sono accorto, ho un ginocchio che ogni tanto cede e quando cede io gli parlo e lo convinco a non ammutinarsi in cambio del ricordo di quando si sbucciò nel tentativo di catturare un granchio su uno scoglio scivoloso.
Lui ride e non cede più.
Per un po’.
Non mi aspetto più che mi si ringrazi, ma ho la necessità di condividere i miei sogni e i miei progetti e questo mi ha sempre fottuto.
Gli umani sono gente strana.
Sono sempre convinti di avere ragione, soprattutto quando hanno torto.
Mi sono sempre sentito diverso perché cerco i miei sbagli negli errori degli altri.
Se potessi esaudire un desiderio saprei cosa chiedere.
Vorrei togliermi quell’odioso difetto di sopravvalutare gli umani.
Ho la necessità di comperare del tabacco, ma devo aspettare martedì prossimo.
Prendo tempo per sciogliere la delusione.
Ma devo trovare un ennesima via di fuga e riprendere il cammino da solo.
Cosi’ il tabacco me lo compro quando cazzo voglio.