Cos’è la felicità?
Attenti alla risposta più semplice.
La felicità non è essere felici.
La felicità, per chi lo sa comprendere, è non essere infelici.
La felicità non è realizzare i propri sogni.
La felicità è avere ancora la forza di sognare.
La felicità non è viaggiare ma organizzare il viaggio.
La felicità non è essere amati ma avere ancora la voglia di amare.
La felicità non è essere bambini la mattina di Natale, la felicità è sapere che milioni di bambini stamattina si sono svegliati eccitati e felici per quello che avrebbero trovato sotto l’albero.
La felicità non è altro che la capacità di sentirsi vivi catturando con lo sguardo il movimento del colibrì che succhia vita dalla corteccia dell’albero.
La felicità non è il sesso.
La felicità è l’amore.
La felicità non è lo zucchero ma il cacao.
La felicità non è possedere uno strumento musicale ma imparare a suonarlo.
La felicità non è.
Noi siamo.
Mese: Dicembre 2022
Mi sono perso
Mi sono perso.
Ma non per strade sconosciute.
Mi sono perso dentro dove pensavo di conoscermi meglio.
Mi sono perso e mi perdo ancora nella ricerca di spiegazioni che non esistono.
Mi perdo nel cercarmi, mi perdo quando voglio sperare che nessuno mi trovi, mi perdo negli occhi che non mi hanno guardato, nelle braccia che non mi hanno mai abbracciato e negli sguardi che non mi hanno mai visto.
Mi perdo nei dubbi, sbaglio strada volontariamente per non essere costretto ad arrivare, cerco i luoghi che nessuna mappa conosce per sentirmi privo di punti di riferimento, voglio poter pensare che qualche luogo non è stato ancora scoperto e in quel luogo forse troverò quello che cerco.
Mi perdo perché da sempre coltivo il dubbio tra chi dice di avere certezze, cerco le lacrime di gioia, cerco il silenzio che non ti fa dormire, cerco l’assoluto nel relativo.
Voglio smarrirmi come fossi un cane che insegue nel bosco l’odore di una preda e corre, corre, corre perdendo di vista i suoi padroni fino a ritrovarsi di fronte a se stesso e alla sua fame ritrovando la sua anima selvatica che ogni maledetta ciotola quotidiana aveva addomesticato.
Non chiamatelo viaggiare
Non chiamatelo viaggiare.
Chiamatelo spostarvi.
I viaggi sono finiti anni fa.
Sono finiti da quando i navigatori hanno sostituito le cartine geografiche.
Sono finiti da quando lo smartphone ha reso inutile il cercare una cabina telefonica.
I viaggi sono morti con la globalizzazione e non aspetti più di essere in Grecia per mangiare un souvlaki o in America per comperare quelle scarpe di ginnastica che solo in America potevi trovare.
Viaggiare è diventato solo un mezzo per convincerti che quel posto che hai visto su Internet esiste davvero, e tra poco col “metaverso” basterà mettersi un paio di occhiali per camminare su una spiaggia alle Maldive mentre annusi l’odore della bistecca che stai cuocendo per cena.
Quelli che hanno una certa età si ricordano cosa vuol dire viaggiare.
L’emozione di vedere un luogo mai visto prima.
L’emozione di perdersi.
L’emozione di sentirsi davvero stranieri in un paese straniero.
L’emozione di chiedere dove si trovasse quel luogo.
L’emozione di scoprire tradizioni o usanze sconosciute.
L’emozione di gestire un rullino da 20 foto sapendo che ogni foto avrà il valore inestimabile del ricordo stampato e reso eterno.
L’emozione di farsi amici che vivono lontani e raccogliere i numeri di telefono e gli indirizzi in un quaderno per poi scrivere lettere che per arrivare fanno lo stesso viaggio che tu hai fatto per ritornare.
Ricordo quando millenni fa prima del tramonto mi persi dietro una duna nel deserto a sud di Ouarzazate.
Non avevo gps, ne cellulare e aspettai che calasse la sera per veder apparire la stella polare che mi indicava il nord.
E a nord dovevo andare per tornare da dove ero partito.
Oggi pochi viaggiano davvero, molti si spostano.
E condividono i loro spostamenti nel tentativo di impossessarsi del fascino di un luogo per accrescere il loro fascino.
Si usano i viaggi per far vedere quanto si è ricchi, quanto si è coraggiosi o quanto si è stronzi.
Una volta si chiamavo viaggiatori, oggi si chiamano Travel blogger, una volta si tornava ricchi di esperienze vissute, oggi si rimane in vacanza tutta la vita nel tentativo patetico di creare invidia mentre si è intenti ad abbronzarsi le chiappe su qualche spiaggia tropicale.
Ma non chiamatelo viaggiare.
Chiamatelo spostarvi.
Per rispetto di quei pochi viaggiatori che ancora oggi sanno rinunciare alla droga dell’esibizionismo per coltivare l’arte del raccontare senza cedere alla tentazione del raccontarsi.
Il talento è bellezza
Il talento è bellezza ma la bellezza non è talento.
Per questo perdo la testa per la pianista che suona Rachmaninoff o sogno di partire per un viaggio infinito con la scrittrice che ha saputo mostrarmi l’anima nascosta.
Il talento è il fascino che se ne fotte dell’età, è il sapore che cercavi baciando la sua pelle, è l’odore che desideravi sentire sfiorandole il collo.
Il talento è sensibilità, empatia, la naturalezza con cui si trasformano le emozioni in musica o parole.
Il talento è bellezza.
La bellezza non è talento.
La sottile differenza che c’è tra l’essere attratti dalla persona per quello che è o l’essere attratti per quello che appare.
Non lamentatevi della superficialità di cui abusate per compiere le vostre scelte.