Complementarieta’ fra il pensiero e la vista


Complementarieta’ fra il pensiero e la vista 
Si chiudono gli occhi e cio’ che non si vede lascia spazio a cio’ che si pensa.
Si chiude la mente e cio’ che non si pensa lascia spazio a cio’ che si vede.
Si chiudono gli occhi e la mente e’ un quadro vergine di fronte a un pittore cieco e senza mani.
Fuggire da noi e’ impossibile, come e’ impossibile per l’aquila fuggire dalle sue ali.
Meglio sedersi su una poltrona comoda ed osservarsi,immaginarci attori di una commedia che ha il suo senso nel finale a sorpresa.
Amo la neve, non odio la pioggia, ma non sopporto il nevischio.
Basta questo pensiero a definire un uomo e a giustificarne l’amore per la verita’ e la conseguente solitudine.
E intanto c’è chi pensa alla festa del sabato sera e sceglie il vestito giusto e c’è chi e’ convinto che nessun vestito sia quello giusto se la persona e’ sbagliata.
Nevischia.

Io volerò a te…sulle ali invisibili della Poesia…


« …Io volerò a te…sulle ali invisibili della Poesia…Tenera è la notte/ e felicemente la Luna Regina è sul trono…ma qui non c’è luce…. »
John Keats

E cosi’ nacque il titolo di “Tenera e’ la notte” del libro di F.S.Fitzgerald.

E sull’aggettivo tenera riferito a qualcosa di diverso da una bistecca io mi soffermo.
Tenera e’ la notte…
Che vuol dire?
Innanzitutto significa che gli aggettivi non hanno significati precisi ma variabili a seconda del complemento oggetto.
Non e’ una grande scoperta.
Ma ogni scoperta, anche la piu’ banale, rivela la nascita di nuove strade di perlustrazione.
La sottomissione all’oggetto di un aggettivo ci riporta al mistero della soggettivita’.
Non esiste un vocabolario super partes, ne una frase adattabile a tutte le occasioni.
Il pulpito vale piu’ della predica.
Tenera e’ la notte.
E tenera e’ la bistecca.
Ma la bistecca e’ tenera per tutti.
La notte e’ tenera solo per chi la percepisce tenera.
L’Io che rende tenera la notte e’ il recondito rimasuglio della nostra origine divina.
Quell’Io minuscolo che sconnesso dall’individuo e’ rimasto connesso ai mattoni dell’universo essendo mattone lui stesso.
Non esiste distanza tra quell’Io e la notte, e non ne esiste tra colui che possiede quell’io e la luna. L’autodeterminazione di colui che possiede se stesso si applica al luogo della notte.
E la notte e’ tenera perche’ e’ la volonta’ che la fa tenera.
Non tutti sono degni di questo superpotere.
Anzi.
Quasi nessuno.
L’uomo nel tentativo di dimostrare qualcosa di se stesso ha perso la capacita’ di dimostrare qualcosa dell’universo in cui vive.
Piu’ facile definirsi teneri, apllicare l’aggettivo a se stessi con piccoli sforzi di autocommiserazione, ponendo sempre al centro dell’universo quella particella di vita minuscola che siamo.
Piu’ difficile, definire tenera la notte, 
la notte non ci appartiene, cosi’ come l’acqua non appartiene al pesce.
Ma il pesce ha un istinto divino superiore all’uomo.
Riconosce le correnti e ne adegua il nuoto.
L’uomo riconosce solo se stesso, a se stesso si adegua, e in se stesso rimane immobile.
Come un pesce nella boccia, senza correnti che richiamano alla grandezza dell’oceano.

le poesie sono caramelle

le poesie sono caramelle
che i vecchi maniaci
regalano alle bambine
per attirarle in trappola
i poeti sono orchi
senza scrupoli
che hanno imparato
come le parole 
possano spegnere la luce
per permettere alle loro luride zampe
di strofinarsi contro
l’innocenza
diffidate del poeta
credete a chi sceglie la prosa, a chi non va a capo a cazzo, a chi evita le rime e le strofe, credete a chi rimane senza parole e non sa come riempire il silenzio, mandate a fare in culo chi pensa di potervi convincere parlando e cadete tra le braccia di chi avrebbe voluto da sempre scrivervi una lettera d’amore ma ha solo riempito cestini di carta

Il nulla


Il nulla.
Non bisogna concepire il nulla in contrapposizione col tutto, bensi’ vederlo nel suo lato minimalista.
Il nulla di qualcosa.
Il piatto vuoto, il cd formattato, il film finito.
Il nulla che rimane quando il contenuto di qualcosa è stato consumato.
O al contrario il nulla è la tela bianca, la creta non lavorata, la musica non ancora composta.
In questo io vedo la grandezza del nulla, sia che rappresenti la possibilità da realizzare o realizzata.
Lo spazio da riempire o lo spazio da svuotare.
Tuttavia il nulla è un tabu’.
La gente ne ha paura, come si ha paura del buio.
Ma ci sono piu’ cose nascoste nell’oscurita di quelle visibili alla luce

C’era un tempo che per vedere Marta facevo 50 km


C’era un tempo che per vedere Marta facevo 50 km col motorino scassato scappando da Berceto per arrivare a Poggio di Sant Ilario.
Mangiavo una fetta di torta in cucina con sua madre che ci sorvegliava, un ora e poi tornavo indietro felice.
C’era un tempo che entravo in casa sua dalla finestra scalando un impalcatura, il tempo di fare l’amore e poi tornare a casa.
Ero felice.
E c’era un tempo che per raggiungerla scappai dall’ospedale militare scavalcando il muro di cinta.
Presi un autobus che mi portò a Pegli, andammo su una spiaggia da mezzanotte a poco prima dell’alba. 
In tempo per riscavalcare il muro di cinta e tornare nel mio letto in infermeria.
Erano tempi in cui l’amore aveva un significato.
Oggi ho trovato un braccialetto. 
Sulla parte superiore c’è scritto “Prussia” e sotto ho scoperto la scritta: “Will you marry me?”
L’ho guardato e ho cercato di ricordare chi me l’avesse regalato.
Non lo ricordo.
Non ricordo una donna che mi chiese di sposarla.
C’è qualcosa di sbagliato in tutto questo.
E quello sbagliato probabilmente sono io.
Ritrovarsi a 57 anni ad osservare il mondo dei sentimenti con occhio cinico e con l’arroganza di aver svelato il trucco.
Ma io ricordo quanto era bello crederci.
Lo ricordo benissimo.
Ricordo quando ci chiudevamo in serra e facevamo l’amore come se fare l’amore potesse salvare il mondo.
Ricordo quando venivo lasciato e mi chiudevo in camera per giorni interi a riflettere su quel misterioso senso dell’abbandono che ti fa credere che senza di lei nulla ha più senso.
Oggi sono prigioniero delle occasioni perdute, delle promesse mai mantenute e cammino a piedi scalzi su pezzi di vetro meravigliandomi che non possano più ferirmi.
Dio sa quanto era bello essere fragile, tagliarmi e vedere il sangue scorrere, sentire nella pancia la voglia di averti e nella testa fare i conti con le mille parole da dirti.
L’educazione sentimentale per me è stata un iniziazione alla solitudine dove il mancarmi ha avuto la funzione di rendermi pronto a non averti.
E l’amore ora è un gioco di prestigio di cui sono certo di conoscere il trucco maledicendo il giorno in cui decisi di chiedere al mago come faceva a farmi sparire il cuore.
Mi mancano tutti i chilometri che ho fatto per un bacio di cui non avevo certezza.
Mi mancano i baci di chi non sapeva baciare, l’amore di chi stava imparando ad amare, e le promesse di chi era incerto di poterle mantenere.
Non sono gli anni che ti invecchiano, ma le storie vissute e perdute che non hai mai più ritrovato.

RAPPORTO D969I


RAPPORTO D969I
Premessa alla premessa
Non leggerete il rapporto D969I tutto e subito.
Ne verranno pubblicati sul sito vari stralci, poco per volta, non esiste un criterio logico in questa pubblicazione a puntate se non una mia volonta’ di pubblicare o di non pubblicare.
Quindi non vi resta che venire ogni tanto e controllare se c’è qualcosa di nuovo.
UNO:
Il modo in cui pensano gli umani e’ legato al fattore di tempo e di spazio.
Eliminando l’esistenza di questi due fattori un qualsiasi libro perderebbe molta della sua sostanza e soprattutto della sua ragionevolezza.
Nella dimensione “altra” dove “risiedono” coloro che chiamiamo “Altri” il tempo non viene contato e forse non si e’ mai preso realmente consapevolezza della sua esistenza.
Tutto questo per una semplice ragione, gli “Altri” non muoiono.
Sembra incredibile ma in una dimensione senza la morte al tempo rimangono poche ragioni di essere.
Non mi dilungo nella spiegazione di questa teoria, chi la comprende la comprende, chi non la comprende non la comprendera’ neppure spiegata.
Una vita senza morte puo’ apparire come un oceano senz’acqua, una definizione legata al suo opposto, il paradosso dei paradossi.
Eppure dovete rassegnarvi a prendere per vero cio’ che vi appare impossibile, l’alternativa e’ lo stagno dal quale non riuscite ad evadere.
Per aiutarvi vi diro’ che ogni attimo di vita di ogni essere umano e’ un attimo slegato dal tempo, un fotogramma slegato dalla sequenza, quindi di per se eterno come eterno è tutto cio’ che e’ immobile.
Passiamo allo spazio.
Nella dimensione altra dove “vivono” gli “Altri” che poi sarebbero i nostri osservatori e i redattori di questo rapporto lo spazio esiste ma nella condizione di spazio essenziale.
Per capirci nel nostro mondo lo spazio superfluo e’ enorme, nello spazio superfluo vaga la vista, l’immaginazione e cio’ che è all’esterno di noi.
Nel “loro mondo” lo spazio si sviluppa all’interno come se ogni individuo possedesse un suo universo, e il suo universo interiore fosse lo spazio in cui puo’ muoversi.
Per farla semplice immaginate di essere solo pensiero, lo spazio del pensiero e’ interno alla vostra mente, la comunicazione tra due pensieri e’ l’eliminazione degli spazi.
Semplice no?.
Non vi diro’ perché a me e’ stato dato il compito di tradurre il rapporto.
Vi diro’ perché “Loro” hanno voluto che lo traducessi.
Il motivo e’ semplice.
Dopo averci “osservato” le loro conclusioni erano…., un momento….lo capirete dopo quali siano state le conclusioni, ora vi bastera’ sapere che quelle conclusioni “Loro” ritennero che andavano divulgate.
No, non c’è nessun intento di divulgazione di massa, del resto se volevano scegliere una divulgazione di massa non avrebbero scelto me come traduttore, l’unico motivo per cui tale rapporto deve essere tradotto in un linguaggio umano è legato ad uno scrupolo di coscienza.
La coscienza è importante per “Loro”, e coscientemente preferiscono sapere che l’avvertimento era stato lanciato, che il seme era stato posto nel terreno, poi qualunque sia il destino di quel seme non li riguarda, e , incredibile ma vero, non riguardera’ nemmeno l’umanita’.

C’era una volta


C’era una volta, quando si era bambini, che quando in campagna si vedevano dei cavalli si urlava di gioia e si chiedeva a papa’ di fermarsi che volevi vederli da vicino. Ma papa’ aveva fretta e ti diceva: la prossima volta.
C’è oggi che sono diventato grande e ogni volta che vedo dei cavalli tiro una frenata e mi fermo sul ciglio della strada, scendo e sto li a guardarli come se li vedessi per la prima volta.
Essere bambini è bello, essere grandi e sognare come quando si è bambini è divino.

Sarebbe bello avere un aquilone


Sarebbe bello avere un aquilone che seguisse il bambino anche con il filo spezzato.
Ma non ho mai visto un aquilone capace di ordinare al vento dove soffiare.
Non mi resta che guardare in alto e cercare di capire dove andrà a cadere sperando che non sia troppo lontano.
Questa è la vita, inseguire aquiloni a cui il vento ha spezzato il filo correndo con il fiato in gola per non perdere quel punto di incontro tra noi e il cielo.
E nella corsa incontrarti perchè anche il tuo sta cadendo.
Scoprire che non è più il mio l’aquilone che sto guardando ma il tuo.
Pregando Dio che vada a cadere vicino al mio cosi’ da poterti insegnare come si ripara un filo spezzato e come torna a volare un aquilone caduto.