Se ami la verità scordati il consenso

Se ami la verità scordati il consenso.
Metti da parte la ricerca del successo.
Molto meglio non piacere per quello che si è che piacere per quello che non siamo.
Ci sono delle regole.
Mandale a fare in culo.
Solo le parolacce escono dal cuore.
Sono nato cane domestico e mi sono fatto un culo quadrato per essere accettato dal branco dei lupi e ora col cazzo che torno indietro ad aspettare che arrivi la sera per vedermi sbattere li una ciottola piena di carne in scatola.
Se scopri il sapore della carne viva non torni a mangiare quella merda.
Anche se passano giorni che non metti nulla sotto i denti, anche se arranchi nella neve a caccia di un coniglio maledettamente troppo furbo, anche se…
Sei abituata a qualcosa di diverso?
All’eleganza?
All’ordine?
Al conformismo?
Al rispetto delle regole?
Pensa se dessi la mano a tua madre mostrando la scritta che ho tatuata sul dorso.
Immagina cosa ti direbbe.
Dove l’hai trovato?
Chi è?
Cosa fa?
Come vive?
Ma l’hai visto?
Cazzate che sopporto da milioni di anni.
E’ piu’ stupido indossare un jeans bucato o una cazzo di cravatta che ti stringe al collo come un guinzaglio?
Se avete bisogno di divise per sentirvi a vostro agio sono cazzi vostri.
Io mi sento a mio agio nell’uso smodato della mia libertà di fare il cazzo che voglio.
La conseguenza è il giudizio.
Verrai sempre giudicato se abusi della tua libertà.
Hai mangiato la mela?
E qualcuno ti avverte che ora sei nella merda.
Ma la mela era buona.
E nessuno lo dice mai.
La mela era dannatamente buona, fantasticamente buona, che se ce ne fossero state mille le avrei mangiate tutte.
E se non fosse stata buona non c’era bisogno di un rompicoglioni che ti ordinasse di non mangiarla.
Nessuno riuscirà a farmi sentire maledettamente diverso.
Semplicemente perché io sogno un mondo dove tutti siamo diversi.
E se do un piccolo contributo a questo sogno io sono orgoglioso di me.
La mia macchina sembra una discarica.
Casa mia è disordinata.
Ho cambiato decine di lavori e altrettanti spero di cambiarne.
Ho vissuto da re e da barbone adattandomi alla fortuna e al raccolto.
Ma quando mi annuso c’è sempre un buon odore.
E non è un profumo.
E’ il mio odore, che se vuoi annusare di nuovo ti tocca passare di qua e sporcarti le scarpe di fango.

Puoi credere in ciò che vuoi

Puoi credere in cio’ che vuoi
in dio
nel destino
nella fortuna
nella sfiga
nella cabalà
e nel tuo maestro
e tutto cio’ che dimostri
è che hai bisogno di credere in qualcuno
o in qualcosa
perchè hai troppa paura di credere in quella parte razionale
di te stesso
che ti dice che non c’è nulla e nessuno in cui credere.
Io da bambino credevo
che l’amore fosse un privilegio
la morte un sogno
e la vita una nuotata
per raggiungere la riva.
E non ho mai cambiato idea.

Tu fuori e io dentro

Tu fuori e io dentro.
Tu a mangiare e io a scrivere.
Tu a parlare, io in silenzio seduto sul letto
Tu di fronte a un pesce, io di fronte allo specchio
io che immagino di te chissà dove, chissà come, chissà
lo specchio mi fa apparire piu’ magro,
o forse sono veramente dimagrito,
prosciugato dallo sforzo di ricordare
meglio farsi la barba
quando non ci sei mi trascuro
quale profumo userò domani
quello che piace a te anche se tu non ci sei
hai dimenticato una maglietta a casa mia
dio quanto è piccola questa maglietta
dio quanto sei piccola
hai lasciato nell’aria una traccia di te
un impronta sul letto
i ricordi sono impronte sull’anima
è così che ho scoperto che l’anima
altro non è che un materasso
su cui riposa la vita
vorrei scriverti una canzone
ma non so scrivere grandi canzoni
ti scriverò un sogno
so fare grandi sogni.

Ti lascio sul comodino

Ti lascio sul comodino un sasso bianco che trovai su una spiaggia.
Lo raccolsi perché mi sembrava avesse una forma perfettamente imperfetta.
E non c’erano orme che dicessero da dove fosse venuto, appariva come precipitato dal cielo.
Quando lo guardai lui sembrava dirmi:
“Portami via, prima che il mare mi catturi.”
Lo tenni in tasca e il suo peso era rassicurante.
Ruvida pietra, non sarebbe scivolata via, la accarezzavo lasciando che le dita ascoltassero i suoi minuscoli vuoti.
A casa la appoggiai sulla scrivania e rimase li per anni a ricordarmi ogni giorno il mare da cui la salvai.
Non ce n’è un altra uguale.
Trattala con cura.
Quando la prendi in mano appoggiala sul tuo palmo e la tua mano diventa una spiaggia, soffiaci sopra e il tuo soffio è il vento, stringila e la tua forza è l’onda che prova a catturarla.
E poi liberala di nuovo.
Liberala e osservala da lontano e trova me nelle sue rughe.
Lei ci sarà quando me ne sarò andato a ricordarti che cosa abbiamo trovato
che cosa abbiamo perduto.

Guardando fuori dalla finestra

Guardando fuori dalla finestra mentre tu ti stendi uno smalto color avorio sulle unghie dei piedi.
Una fotografia di una moto, una strada ed io.
Girarmi e guardarti, immobile nel tempo immobile, con la mano sospesa tra una boccetta di smalto e il piede.
L’amore…
L’asciamo perdere…
L’istinto ad accoppiarsi unito a una raffinata ricerca di compagnia.
Le mie mani che ti accarezzano i capelli, tu che ti giri, guardi, sorridi e non parli.
Parli poco
e cosa ci sarebbe da dire?
E’ domenica, nulla da fare, la colazione la doccia, cos’altro…
stare insieme.
Siamo d’accordo sul non guardare la televisione, siamo d’accordo sulla musica da ascoltare, siamo d’accordo che vai in bagno prima tu, siamo d’accordo.
Tu hai lasciato un libro a metà, dici che non si è obbligati a finire un libro…siamo d’accordo… adoro la tua capacità di non sentirti curiosa della fine di una storia che non ti interessa.
Finisco il mio libro e te lo passo, è bello, forse lo finirai.
Hai dei piedi bellissimi, delle mani bellissime ed esisti anche se non avrei scommesso un dollaro sulla tua esistenza.
Pensi, non ti lasci fregare da niente, pensi, sembra poco ma è l’unica cosa che cercavo.
Non sei vegetariana, non sei ne’ di sinistra né di destra, ami la musica, rimani fuori dai discorsi inutili, non sei la persona che si dà facilmente, ami viaggiare, ami ritornare, non conosci i volti dei potenti, non sei cattolica, non sei atea, sei bella, ma cosi’ bella che non c’è prezzo per averti, e se ti ho è perché non ho null’altro da offrirti che me stesso.
Sul tuo comodino una fotografia dove accarezzo il muso di un cavallo a pochi metri dalla Stuart Highway in Australia.
Con il pennarello hai fatto una freccia che va verso di me e accanto hai scritto:
“Hajéí Béédahaniih”