Io non ho coraggio

Io non ho coraggio.
Non ho il coraggio di mentirti per averti.
Non ho il coraggio di sentirmi indispensabile e se mi cerchi mi sorprendi.
Non ho il coraggio di confessarti che sono molto più fragile di quel che sembro perché adoro sapere che con me ti senti al sicuro.
Non ho il coraggio di chiederti di aggiustare i miei vetri rotti dove si specchiano spezzati tutti i miei sogni adolescenti.
Non ho abbastanza coraggio per recitare la parte dell’uomo che ha coraggio, io parlo con le mie paure e loro odiano essere nascoste sotto un tappeto di parole rassicuranti.
Non ho il coraggio di buttarmi nel vuoto, e non ho il coraggio di allontanarmi senza provare la paura di non vedere più ciò che amo.
Non ho il coraggio di ferirmi e non ho il coraggio di affidarmi a qualcuno per curarmi.
Non ho il coraggio di guardare la morte in faccia senza mostrare angoscia.
Ma non ho paura delle conseguenze di essere sempre stato onesto.
E non ho paura di dirti che nessun amore è per sempre e il massimo che possiamo fare è che sia veramente amore.
Non ho paura di mostrarti le cicatrici negli occhi per le cose che ho visto e che non avrei dovuto vedere.
Non ho paura di dirti che a volte piango quando i film finiscono bene, quando le madri abbracciano i loro figli e quando il cane mi guarda partire senza sapere quando tornerò.
Non ho paura delle mie idee, non ho paura di chi le usa per giudicarsi migliore di me.
Non ho paura di rimanere senza nulla perchè sono piu’ bravo a riempire i vuoti che a svuotare ciò che è pieno.
E anche se non credo in dio e dubito che io possa trovare un senso a questa vita non ho paura di mostrami piccolo di fronte al mistero, piccolo come una briciola di brioche sulla strada di fronte alla pasticceria appena adocchiata da un meraviglioso passero con le ali azzurre che sta planando verso di me con il suo piccolo, enorme, becco aperto.

Stringimi

Stringimi, non farti problemi, stringimi piu’ forte che puoi.
Tutta la forza che hai non puo’ farmi male, tutta la forza che hai puo’ solo farmi bene.
Tieni la mia testa tra le tue braccia, accarezza i miei pensieri, accarezza la mia memoria, accarezza la storia non scritta che e’ dentro il mio cervello.
Abbracciami fino a sentire che non esiste piu’ spazio tra le tue braccia e il mio sterno, abbracciami come se volessi portarmi dentro di te.
Fallo con tutta la forza che hai, tutta la forza che hai non puo’ farmi male.
Sono, siamo, racconti incompleti, libri pieni di pagine bianche, pensieri scordati, note a pie’ di pagina che nessuno legge.
Stringimi e stringi la neve che mi cadeva sulla testa quella mattina sulla spiaggia quando la scuola era chiusa e la spiaggia era bianca.
Stringi quelle fughe di casa, stringi le paure, il coraggio, stringi quella caduta, stringi quel bambino e quest’uomo.
Sai quante volte ero stanco di lottare, sai quante volte mi sono appoggiato, la testa contro il muro, i pensieri contro il cemento.
Quelle volte non c’era nessuno dietro, nessuna mano appoggiata sulla spalla.
Un uomo che aveva bisogno di un appoggio, un sostegno per non farmi cadere, giusto il tempo di riprendere forza e continuare.
Continuare.
Grandi strade piene, vecchi alberghi trasformati, tu scrivi anche di notte perche’ di notte non dormi mai…
In macchina da solo, guidavo io, non mio padre.
Io decidevo la velocita’, dove fermarmi.
Io sceglievo la musica.
Sembra nulla ma era cambiato tutto.
Non stavo piu’ seduto dietro nell’imbarazzo di dire la cosa giusta o di dare una giusta lunghezza ai miei silenzi.
Non pregavo piu’ perche’ rallentasse o tenesse quella maledetta distanza di sicurezza.
Non avevo piu’ nulla da dimostrare.
Dimostrare.
Non e’ un attitudine, e’ un educazione sbagliata.
Una notte decisi di dormire in un parcheggio sul mare.
Mi cadde lo zaino e tutte le cose si sparsero sull’asfalto.
Stavo per raccoglierle poi mi fermai a guardare.
C’era un paio di occhiali, fogli sparsi, delle cassette, sigarette, un accendino e altri oggetti.
Li guardai e pensai: sono io.
Li fotografai pensando che mi stessi facendo un autoritratto.
Poi rimisi tutto dentro lo zaino.
Pensai:
Se mi vuoi devi trovare dello spazio anche per il mio zaino, non importa quanto pesi, cio’ che importa e’ che li dentro ci sono io.

Senza Titolo

“Papà qual è la cosa più importante che io devo sapere?”
Piccola, la cosa più importante che tu devi sapere è che dovrai cercare sempre di avere la possibilità di scegliere.
Non trovarti mai di fronte ad un unica possibilità perchè di quella possibilità diventerai schiava.
Tratta con cura i tuoi giocattoli, quando se ne romperà uno ne avrai altri con cui consolarti.
Cerca di avere molte amiche, se una ti tradirà le altre ti consoleranno.
Viaggia e scopri molti luoghi che potrebbero diventare rifugi e quando avrai voglia di scappare nessuno saprà dove sei.
Ti innamorerai ma non dipendere mai da quell’amore, fa che sia sempre una scelta e non un bisogno.
E quando dovrai decidere cosa fare da grande scegli un lavoro che non ti obblighi a dipendere dalle necessità di una sola persona, fai un lavoro che serve a molti perchè tra quei molti troverai sempre qualcuno che ti chiederà di scegliere tra un si e un no. E tu potrai dirgli di no.
“Papà, pero’ c’è una cosa che per fortuna io non posso scegliere.”
Che cosa?
“Te. Tu sei il mio papà. E non posso, non voglio avere la possibilità di sceglierne altri.”
E io la guardo come si guarda l’acqua dopo aver attraversato il deserto, che se fosse un cielo vorrei essere la sua stella polare, che se fosse l’oceano vorrei essere lo scoglio che si fa eternamente accarezzare, che se fosse fuoco vorrei essere il vento che non ti farà mai spegnere.

Tu dormi?

Tu dormi?
E se dormi cosa sogni?
E se non sogni dove ti sei nascosta?
Io sono in casa ad ascoltare il temporale contando i secondi che ci sono tra il lampo e il tuono.
Si sta avvicinando.
Mi piace il rumore della pioggia.
Non ho mai usato l’ombrello ma ne ho uno appeso accanto alla porta.
Ricordi?
L’hai dimenticato te.
Ad ogni temporale mi viene voglia di usarlo poi pero’ mi dimentico ed esco senza, mi bagno i capelli e penso a te, a tutte le volte che mi hai chiesto di venire sotto il tuo ombrello.
Mi avvicinavo, ti prendevo il braccio per starti piu’ vicino, ammetto che era bello sentire il rumore delle gocce sulla stoffa e vedere rigagnoli colarci davanti agli occhi.
Sai che faccio?
Esco.
Lo prendo?
No, non lo prendo.
Esco e mi bagno per non correre il rischio di scoprire che usare il tuo ombrello senza di te mi ripara dalla pioggia ma mi lascia senza protezione di fronte alla tempesta della tua assenza.

strofinati gli occhi

strofinati gli occhi
metti a fuoco la statua nel parco
quella dell’uomo seduto su uno sgabello
che con la mano sulla fronte scruta l’orizzonte
a caccia di qualcosa che si muova
all’ombra di una palma
unica consolazione di un sole bastardo
lo riconosci il naufrago
che porta sotto l’ascella una mappa arrotolata
sulla testa ha un cappello da pirata
lo riconosci perchè ti assomiglia troppo
impossibile continuare a credere che lui non sia te
e avvicinandoti ti viene voglia di salire sul basamento
per accarezzarti una guancia e pulirti la fronte
coperta di polvere e rami secchi
e guardando negli occhi della tua copia di argilla
scoprirai quella vita
che non vedi più nella tua versione in carne e ossa

Svegliami domattina

Svegliami domattina con la tua fotografia e fammi sapere quando torni.
Qua piove sempre e le strade sono diventate fango, presto diventeranno ghiaccio e dovrò venire a prenderti con una slitta.
Nel bosco l’erba è già alta e nel fiume ci sono pesci che dicono siano più grandi di un leone.
Io sulla riva ne vedo solo l’ombra ma basta a farmi desistere dal fare il bagno.
In casa entra l’acqua da un buco sul tetto, ho messo una pentola, si riempie ogni notte ed ogni mattina la svuoto sul ciglio della strada, c’è una buca di terra che è diventata un piccolo lago su cui fanno gare di velocità i girini.
Io sono sempre solo nonostante abbia visite tutti i giorni.
Racconto a tutti la stessa storia ed è illuminante vedere come la stessa avventura ispiri smorfie differenti ad ogni ascoltatore.
Una ragazza, nel momento in cui parlavo dell’assalto dell’uomo bianco al piccolo indiano, mi ha chiesto di non continuare per la paura di sapere come andasse a finire.
Un vecchio rancido e ipocrita nello stesso punto del racconto fece un sorriso sadico e mi disse di andare avanti come se fossi una troia sul punto di togliermi le mutande.
Amore mio, quello che ho imparato dell’umanità è racchiuso in un barattolo di perline colorate che gettate per terra producono un effetto di caos cromatico.
L’occhio dell’uomo ne fisserà alcune mostrando l’anima che nasconde dietro lo sguardo.
Io dormo sempre su quell’ammasso di vestiti che profumano di noi.
Dal giorno che te ne sei andata vivo nudo per avere vestiti perfetti il giorno in cui tornerai.
Non ho più nulla da darti.
Forse non ho mai avuto nulla da darti.
Tranne il ricordo di quando ti salvai dal sonno svegliandoti con un bacio sul collo.
Vado a dormire.
Svegliami domattina con la tua fotografia e fammi sapere quando torni.

Due per due

Forse non è la felicità, ma ci assomiglia molto che è facile confondersi.
Cavalcare a fianco tenendosi per mano senza una direzione precisa.
Siamo in due?
No siamo in quattro.
Due coppie.
Non sottovalutare i nostri due cavalli, anche loro si amano.
Probabile abbiano imparato da noi.
E anche se questa Riserva è un posto di merda, anche se il nostro passato è troppo piu’ bello del nostro futuro.
E se siamo in pochi a parlare la nostra lingua.
E se l’uomo bianco dopo averci invaso ci ha confinato in terre aride.
E se non riusciamo ad adeguarci al senso del possesso.
Dobbiamo alla nostra inadeguatezza al mondo contemporaneo la sopravvivenza di una poesia antica che ci porta a conoscere molto meglio di voi di cosa si parla quando si parla d’amore.
Non avere nulla tranne te.
E’ avere tutto.
Avere tutto e non avere te.
E’ non avere nulla.
La sua mano nella mia è radice ancorata alla terra.
Nessuna tempesta ci separerà.

Riserva di Pine Ridge 2017

Tu credi di sapere tutto

Tu credi di sapere tutto.
Ma non hai mai visto un meccanico che ripara la sua moto e un cowboy che si prende cura del suo cavallo.
Tutto in una inquadratura dello sguardo che mi sembrava di avere di fronte la storia dell’America e il riassunto dei miei sogni.
Non c’erano cellulari a quei tempi e sono corso all’auto a prendere la mia reflex analogica per fotografare quella scena.
Pellicola Kodak, 400 asa.
Ripreso il viaggio non vedevo l’ora di svilupparla.
Ma ero in Arkansas e per farlo dovevo arrivare in California.
Si impara ad attendere quando non hai alternative all’attesa.
E si impara a sentirsi ignoranti quando dietro ogni curva scopri qualcosa che ignoravi.
Ora avrei voglia di rimettermi in viaggio, devo solo aspettare che il mio corpo si aggiusti e riprenda forza come se fosse quella moto o quel cavallo.
E poi si torna sulla strada.

A nord di New Orleans

A nord di New Orleans sul ciglio della strada una ragazza faceva l’autostop.
Mi fermai e rimasi colpito non tanto dalla sua bellezza ma dal suo compagno di viaggio.
La ragazza infatti viaggiava con un grosso topo dentro una scatola.
Decisi di accompagnarla fino a Houston dove era diretta.
Mi disse che veniva da Mosca e che cercava un modo per vivere in America.
Parlava poco l’inglese e io ancora meno il russo.
Nonostante questo ci facemmo compagnia, io lei e il ratto.
Tre viaggiatori, di cui solo due credo consapevoli di esserlo.