Eileen vede bambini che non esistono e nessuno le crede.
Osserva la danza dei globuli di luce immaginando una musica.
Poi sale la scala a chiocciola e si chiude dentro la sua cameretta, osserva le pareti che sembrano pendere verso di lei come per abbracciarla e le ringrazia.
Dentro un cassettone ci sono coperte ricamate che lei annusa ricordando tempi passati in cui lei non c’era.
Dalla finestra osserva le stalle con il bestiame e i granai pieni di fieno.
Su una mensola una foto color seppia con un uomo e una donna abbracciati, suo padre e sua madre, misteriosamente presenti solo in un immagine, rapiti da una realtà che nessuno vuole dirle.
Non sapere concede alla fantasia il potere di sfogare la sua cattiveria.
Forse sono stati mangiati dai coccodrilli, o rapiti da una tribu’ di cannibali, o peggio ancora, uccisi uno di fronte all’altro da un sadico venditore di incubi a caccia di ispirazione.
La salvano i dettagli di una stanza in cui le crepe sul muro e le venature del soffitto in legno disegnano storie a lieto fine.
La zia urla di scendere che la cena è pronta.
Ma Eileen non ha fame.
Vorrebbe continuare a giocare con i bambini che arrivavano senza che li avesse mai visti arrivare e se ne andavano senza che li avesse mai visti andare via.
Ma la zia urla che se non scende la viene a prendere.
Non le piace essere strattonata giu’ per le scale e allora scende contando gli scalini.
Arrivata a otto si ritrova di sotto.
Mangia in silenzio con lo sguardo fisso sul chignon con treccia della zia che senza dire una parola le serve una tazza di latte con dei biscotti.
La zia non è cattiva, ma non fa nulla per nascondere il fastidio di una figlia non sua venuta a rivoluzionarle la vita.
Colpa di un destino che non deve averle perdonato la sua ostinazione a non prendere neppure in considerazione l’idea di riprodursi.
Finito di mangiare Eileen si mette a letto ed aspetta che venga buio per uscire di nascosto in giardino e ritrovare i suoi amici bambini che seduti su una radice sporgente di una vecchia quercia la aspettano per giocare.
Giochi come il nascondere il volto nel gomito e viaggiare nello spazio proiettando la sua parte fluida in un luogo a caso nel mondo, oppure osservare un albero, un fiore o una roccia e individuare il colore del nembo di luce che li circonda.
Fino a quando il sonno la obbligava a tornare a casa, si buttava sul suo minuscolo letto e prima di addormentarsi mandava un bacio alla foto dell’uomo e della donna abbracciati chiedendo loro col pensiero dove fossero ora.
Non riuscendo mai a stare sveglia il tempo necessario per ascoltare la risposta.