GAMBE GROSSE CULO SODO

ho le gambe grosse e il culo sodo
le sedie di legno non mi fanno paura
anche se il viaggio dura tre giorni
senza sapere se quando arriverò
tu sarai ancora li ad aspettarmi
ricordi, ero l’unico non truccato
alla parata di halloween
e tu hai pensato fosse
un travestimento geniale
da impiegato delle poste
ne abbiamo riso tutta la notte
ridevamo anche facendo l’amore
poi tuo padre ha deciso che nel west
ci fossero più occasioni
per un venditore di cotone
e mi hai lasciato al freddo
facendomi giurare che nessuna
nessuna mi avrebbe scaldato se non te
mille lettere, milioni di parole
e infiniti secondi nell’attesa
di vederle arrivare
fino all’ultima
l’altro ieri
dove hai scritto solo un indirizzo
non potevo risponderti con parole
ma solo salendo su un treno che va verso West
a mia madre ho detto che vado verso il mare
a mio padre ho detto che vado verso l’oro
a me stesso ho detto che vado a catturare il destino
come fosse un cervo che ti invita a seguirlo
perché lui sa dove si trova il fiume
quando hai finito da bere

SE AVESSI ASCOLTATO L’ISTINTO

Se avessi ascoltato l’istinto avrei abbandonato lo zaino continuando il viaggio senza pesi sulle spalle.
Ma l’istinto non sa cosa portavo con me dentro lo zaino, lui semplicemente ne sentiva il peso e suggeriva di eliminare tutto ciò che è superfluo.
Eccedente rispetto al bisogno.
I tuoi occhi erano superflui e davano luce alla mia stanza.
Le tue mani erano superflue e davano valore alla mia pelle.
Il tuo corpo era superfluo ma dava un senso al mio.
Scalchiamo la definizione classica di “necessità” e rendiamo necessario tutto ciò che non è essenziale per sopravvivere ma è essenziale per dare un senso alla vita.
Educhiamo l’istinto a sottomettersi al piacere di vivere.
E come per magia mi sei apparsa come cibo, acqua, aria e spazio.
E lo sei stata fino al momento in cui hai deciso di cambiare vita andando a vivere dove fa sempre caldo.
Mi hai chiesto se volevo venire sapendo che non potevo.
L’essenziale se ne andò e rimase l’essenza.
L’essenza era dolore e solitudine, una palestra quotidiana per resistere al nulla.
Una sera in un bar sui Navigli ho incontrato Claudia e mi sono ritrovato a scherzare con me stesso su quanti tipi di cibo, aria e spazio ci fossero nel mondo.
Se avessi ascoltato l’istinto sarei fuggito mille volte e mille volte non avrei avuto tra le labbra quel sapore indimenticabile della vittoria e della sconfitta.
Penso a tutto questo guardando un cavallo solitario su una collina mangiare l’erba mentre all’orizzonte non c’è una nuvola e oggi avevano previsto pioggia.

SENZA CASCO NELLA VALLE DELLA MORTE

Non si puo’ andare senza casco nella valle della Morte.
Come dire che non si può trombare senza preservativo.
Dipende.
Da cosa dipende?
Sull’Interstate lo capisco.
Del resto li ci passano tutti. C’è un gran traffico, il casco ti può salvare.
Ma nella Valle della Morte a Febbraio non c’è un cazzo di nessuno.
Ha capito la metafora?
No, non l’ha capita.
Del resto gliel’ho detta in Italiano, nella sua lingua avrei rischiato troppo.
Però detto fra noi ne è valsa la pena
Perchè senza casco si sente tutto.
Il vento nei capelli, il sole sulla nuca e il rumore pieno e assordante della moto.
C’è chi per paura della multa il casco non se lo toglie.
Dicono che non esistono le razze.
Cazzate.
Io ne conosco almeno due.
La razza di chi obbedisce e la razza di chi disobbedisce.
Pagata la multa ho aspettato che il poliziotto portasse via i coglioni facendo una passeggiata dietro una duna.
Poi ho ripreso la moto e mi sono rimesso in viaggio.
Senza casco.
La razza non si sceglie ma è lei che sceglie te.
E il raccontino dovrebbe finire cosi’.
Ma c’è una bella musica nella stanza e quando c’è una bella musica mi viene voglia di scrivere.
Vi racconto di quella volta che Nadia decise di venirmi a trovare.
E io gli andai incontro non sapendo da quale lato della strada l’avrei vista arrivare.
Era la prima volta che ci incontravamo.
Sai come quando devi vedere qualcuna per la prima volta e speri che non sia quella cessa che sta venendo verso di te ma forse potrebbe essere quella figa cinquanta metri più indietro.
Beh quella volta Nadia apparve come la più bella di tutta la via.
Feci finta di niente come se fosse naturale essere baciati dalla fortuna.
Le sorrisi, lei sorrise e abbiamo proseguito insieme.
L’imbarazzo del primo incontro ha qualcosa di fantastico che vorrei fosse un barattolo di gelato da conservare nel congelatore e consumare lentamente.
Più lentamente che posso.

OGNI TANTO CI PENSO

Ogni tanto ci penso a quando andai alla Ricerca del Bisonte Bianco.
Pensavo fosse facile, da una ricerca ero venuto a sapere che l’avrei trovato nel North Dakota.
Andai a Jamestown dove avrei dovuto trovarlo.
Lo vidi dall’Interstate che dormiva pigramente sulla cima della collina.
Era diventato un attrazione turistica all’interno di un Museo dedicato ai Bisonti.
Non poteva essere quello il Bisonte Bianco che cercavo.
Nei miei sogni avevo visto altro.
Decisi di andare verso il Montana.
Per istinto, senza sapere quando e dove avrei trovato un altro Bisonte Bianco.
Poi un giorno scrivo al mio amico Geremia Giangrandi che stava lavorando come cowboy in un ranch nel nord del Montana vicino a dove avevano girato il film: “L’uomo che sussurrava ai cavalli.”
Mi chiese dove stavo andando in giro per l’America e le dissi che dovevo trovare il Bisonte Albino.
Lui tranquillo mi rispose:
“Vieni qui.”
Rimasi in silenzio tre secondi cercando di interpretare cosa volesse dire: “Vieni qui”.
Poi chiesi: “Perchè devo venire li?”
Perchè qui c’è il Bisonte Bianco.
Non volevo crederci.
Quella notte guidai anche di notte per arrivare il più presto possibile.
Arrivai di mattina e Geremia mi portò di fronte al bisonte.
La mia ricerca era finita.
E tutto avvenne come avevo sognato.
Guardai l’enorme animale negli occhi per qualche secondo facendogli una domanda che portavo con me fin da bambino.
E la sua risposta mi tranquillizzò.
Rimasi in Montana qualche giorno poi mi diressi verso Sud in direzione Yellowstone.
Sapete cosa ho imparato quel giorno.
Che ci sono storie che puoi raccontare a chiunque e storie che puoi raccontare a te stesso mille volte senza annoiarti mai.
Quella storia era una di queste storie che è più bello raccontare a se stessi che agli altri.
Perchè gli altri non potrebbero capire.