SE AVESSI ASCOLTATO L’ISTINTO

Se avessi ascoltato l’istinto avrei abbandonato lo zaino continuando il viaggio senza pesi sulle spalle.
Ma l’istinto non sa cosa portavo con me dentro lo zaino, lui semplicemente ne sentiva il peso e suggeriva di eliminare tutto ciò che è superfluo.
Eccedente rispetto al bisogno.
I tuoi occhi erano superflui e davano luce alla mia stanza.
Le tue mani erano superflue e davano valore alla mia pelle.
Il tuo corpo era superfluo ma dava un senso al mio.
Scalchiamo la definizione classica di “necessità” e rendiamo necessario tutto ciò che non è essenziale per sopravvivere ma è essenziale per dare un senso alla vita.
Educhiamo l’istinto a sottomettersi al piacere di vivere.
E come per magia mi sei apparsa come cibo, acqua, aria e spazio.
E lo sei stata fino al momento in cui hai deciso di cambiare vita andando a vivere dove fa sempre caldo.
Mi hai chiesto se volevo venire sapendo che non potevo.
L’essenziale se ne andò e rimase l’essenza.
L’essenza era dolore e solitudine, una palestra quotidiana per resistere al nulla.
Una sera in un bar sui Navigli ho incontrato Claudia e mi sono ritrovato a scherzare con me stesso su quanti tipi di cibo, aria e spazio ci fossero nel mondo.
Se avessi ascoltato l’istinto sarei fuggito mille volte e mille volte non avrei avuto tra le labbra quel sapore indimenticabile della vittoria e della sconfitta.
Penso a tutto questo guardando un cavallo solitario su una collina mangiare l’erba mentre all’orizzonte non c’è una nuvola e oggi avevano previsto pioggia.

SENZA CASCO NELLA VALLE DELLA MORTE

Non si puo’ andare senza casco nella valle della Morte.
Come dire che non si può trombare senza preservativo.
Dipende.
Da cosa dipende?
Sull’Interstate lo capisco.
Del resto li ci passano tutti. C’è un gran traffico, il casco ti può salvare.
Ma nella Valle della Morte a Febbraio non c’è un cazzo di nessuno.
Ha capito la metafora?
No, non l’ha capita.
Del resto gliel’ho detta in Italiano, nella sua lingua avrei rischiato troppo.
Però detto fra noi ne è valsa la pena
Perchè senza casco si sente tutto.
Il vento nei capelli, il sole sulla nuca e il rumore pieno e assordante della moto.
C’è chi per paura della multa il casco non se lo toglie.
Dicono che non esistono le razze.
Cazzate.
Io ne conosco almeno due.
La razza di chi obbedisce e la razza di chi disobbedisce.
Pagata la multa ho aspettato che il poliziotto portasse via i coglioni facendo una passeggiata dietro una duna.
Poi ho ripreso la moto e mi sono rimesso in viaggio.
Senza casco.
La razza non si sceglie ma è lei che sceglie te.
E il raccontino dovrebbe finire cosi’.
Ma c’è una bella musica nella stanza e quando c’è una bella musica mi viene voglia di scrivere.
Vi racconto di quella volta che Nadia decise di venirmi a trovare.
E io gli andai incontro non sapendo da quale lato della strada l’avrei vista arrivare.
Era la prima volta che ci incontravamo.
Sai come quando devi vedere qualcuna per la prima volta e speri che non sia quella cessa che sta venendo verso di te ma forse potrebbe essere quella figa cinquanta metri più indietro.
Beh quella volta Nadia apparve come la più bella di tutta la via.
Feci finta di niente come se fosse naturale essere baciati dalla fortuna.
Le sorrisi, lei sorrise e abbiamo proseguito insieme.
L’imbarazzo del primo incontro ha qualcosa di fantastico che vorrei fosse un barattolo di gelato da conservare nel congelatore e consumare lentamente.
Più lentamente che posso.