Non te l’ho mai detto ma forse è il momento che tu lo sappia. La prima volta che mi buttai dal nido per provare a volare presi una facciata bestiale e mi ritrovai ferito e zoppicante sul terreno senza sapere come fare.
Quando sei nato per volare e fallisci il primo volo ti sembra impossibile poter tornare sul ramo.
Guardavo in alto e cercavo di capire come fare ad arrampicarmi sull’albero.
Avevo una zampetta rotta e due minuscole ali che non potevano afferrare nulla, tantomeno artigliare le rughe di un albero.
Ignoravo i pericoli del bosco ma li imparai velocemente quando vidi una volpe guardarmi e andarsene dicendo tra se: cresci, metti su carne e poi ci rivediamo.
Se non hai carne da offrire i predatori ti scansano come un inutile perdita di tempo.
Mangiai formiche e piccoli vermi, piano piano la zampetta guarì e un giorno la volpe tornò a cercarmi.
Mi trovò sull’orlo di una roccia che dava su un burrone.
Era la mia seconda possibilità.
L’ultima.
Mi gettai, aprii le ali, sentii il vento attraversarmi il collo e spandersi sotto le piume e volai.
Volai da solo per tutto il tempo che il vento mi permise di risparmiare le forze, al tramonto atterrai sul ramo di un enorme quercia.
Da allora passo da un albero all’altro, ogni tanto atterro su un tetto, piu’ raramente sui fili, ogni volta che mi butto ripenso per un attimo a quella prima volta che caddi, alla volpe che non volle mangiarmi e al burrone che mi salvò la vita e tutto ciò’ che posso dire di avere imparato dalla vita è che le uniche ali che mi terranno al sicuro in aria saranno solo le mie.
Solo le mie.
E’ il destino di chi vola quello di non poter essere volato e di non poter far volare.
Ora che lo sai che mi vorrai bene lo stesso?