Spegni la luce grande

Spegni la luce grande ed accendi la luce piccola.
Mi piace l’ombra dei tuoi capelli sul muro.
Ballano seguendo il ritmo lento di un silenzio scomposto in piccoli spazi di parole.
Tu ti ricordi quella volta?
Me lo ricordo.
E ti ricordi come andò a finire?
Andò a finire che dormimmo in macchina a pochi metri da un precipizio.
Lo scoprimmo solo il giorno dopo.
E intanto ti giri una sigaretta con una mano sola e tu lo sai che questa cosa mi fa impazzire.
Nel piccolo buio della piccola luce accarezzi il mio cuore alla ricerca di una cicatrice invisibile, tenendo i piedi fuori dal letto per strofinarli contro la schiena del gatto.
Sganciati dalle convenzioni, allergici alle regole, scombinati e disordinati ci ritroviamo sotto la stessa coperta riconoscendoci come due naufraghi persi in un isola popolata da pericolosi spacciatori di verità.
Io non so nulla. Mi hai detto.
Nemmeno io. Ti ho detto.
Come due lavagne vuote abbiamo cominciato a riempirci di quei disegni infantili che non vogliono spiegare nulla ma solo raccontare l’esistenza di creature fantastiche che sfuggono alle classificazioni scientifiche,
Mi addormento prima di te chiudendo i miei occhi sui tuoi ancora aperti.
Fondamentalmente tutto ciò che vogliamo è rimanere bruchi protetti dalla crisalide il più a lungo possibile per evitare il rischio di ritrovarci farfalle in un mondo di ragnatele tessute da ragni affamati della carne tenera dei liberi sognatori.
Foto scattata a Dana Point, Ottobre 2017

Ci sarebbero mille motivi per essere pessimisti.

Ci sarebbero mille motivi per essere pessimisti.
La fine del mondo analogico.
Il rincoglionimento diffuso di donne capaci di diffondere le loro bellezza e incapaci di raccontare la loro anima.
I nuovi eroi contemporanei che hanno come unico superpotere quello di influenzare una massa di idioti a comperare prodotti inutili.
Il trionfo di un mondo globalizzato che sta distruggendo la personalità unica di popoli e luoghi.
Un accelerazione nella percezione del tempo dovuta a giornate riempite da milioni di stimoli virtuali.
La fine dell’amore passionale e il trionfo di un sesso esibizionistico e pateticamente virtuosistico nel tentativo di emulare le esibizioni acrobatiche viste su qualche sito porno.
L’incapacità di trovare una strada senza un navigatore, l’incapacità di trovare una donna senza tinder, l’incapacità di trovare da mangiare senza affidarsi a un servizio di food delivery, l’incapacità di immaginare una rivoluzione per ridare all’individuo il dono di una personalità inconfondibile.
Soffocati dal potere dei mass media pensiamo che il successo determini il talento.
Inseguiamo il consenso aspirando a pollicioni alzati, cuoricini e abbracci virtuali senza sapere chi in caso di difficoltà sarà disposto a venirci ad aiutare.
Tutti con l’ansia di far sapere che i loro figli sono i migliori figli del mondo.
Pronti a glorificarli sui social per un gol segnato o un esame passato, condannandoli all’obbligo di un eccellenza che come una manetta stretta alla caviglia imprigiona all’obbligo di prestazioni degne di un post celebrativo.
Ci sarebbero mille motivi per essere pessimisti, ma c’è da qualche parte un piccolo van che mi aspetta e una strada da percorrere senza destinazione e allora chiudo gli occhi, sento il sapore della libertà e faccio finta che tutto sia alle mie spalle e davanti c’è solo un orizzonte vergine percorso da una strada che porta lontano da tutto questo nulla che sta riempendo questo mondo e questo tempo decadente popolato da idioti con i volti levigati dai filtri e la mente avariata dalla necessità di sentirsi ammirati.