L’ignoranza mi salva come un impalcatura che mi protegge dal crollo della fantasia.
Seduto su una pietra di fronte a un lago ghiacciato ne intravedo le crepe che mi permettono di giudicarlo pericoloso, appoggio un piede su una lastra e il suono del crac mi da lo stesso gusto di quando sgranocchio patatine.
Mi abbuffo di una decina di crac, lasciando crepe da cui si libera acqua imprigionata da tutto l’inverno.
Arriva una coppia di giapponesi che si fa decine di selfie, la donna si mette in tutte le pose possibili copiando le copertine dei giornali di moda.
Tre quarti, profilo che guarda l’infinito, frontale con faccia ammiccante, accovacciata con espressione maiala, col cappello, senza cappello, con giacca, senza giacca.
Ne approfitto per cucinarmi un minestrone di lenticchie al quale aggiungo un cucchiaio di verdure in polvere.
Finisco di mangiare e alla coppia di giapponesi si è aggiunta una figlia, protagonista anche lei di uno shooting fotografico con il padre nelle vesti di fotografo invasato che le urla parole di approvazione incomprensibili.
E’ bizzarro come la natura si lasci violentare senza ribellarsi.
Senza nemmeno far cadere un ramo sulla testa del giapponese, o facendo scivolare sulla neve l’improvvisata top model orientale, basterebbe cosi’ poco per far tornare il silenzio.
L’arrivo di un orso incazzato per esempio, o il planare minaccioso di un aquila.
Niente da fare.
La natura è gentile per natura.
E come tutti i caratteri gentili quando si incazzano si incazzano davvero e non guardano in faccia nessuno.
Ritorna il silenzio.
Baby ama la neve, la lecca avidamente, vorrebbe correre sfidando la resistenza del ghiaccio, le urlo di rimanere ferma.
Mi guarda perplessa e se ne torna sul van con l’espressione di chi è stata sgridata senza capire il perchè.
Sono un cacciatore di storie uso frecce di plastica con ventose all’estremità.
Scocco la freccia contro finestre che danno sul mondo
alito sul vetro e sulla nebbia creata dal mio fiato
disegno cerchi concentrici per mettere a prova la mia abilità
lupi per mettere alla prova il mio coraggio
montagne per colpire facile
e uomini per il piacere ancestrale di uccidere il nemico.
Oggi sul vetro è apparso un autobus che prendeva una curva larga e investiva il mio cane, mi sveglio agitato per l’incubo.
Il cane è appoggiato col muso al mio materasso che è troppo alto per permettergli di salire.
Ha freddo.
Lo prendo e me lo metto dentro il sacco a pelo.
Si addormenta e sento il suo muso appoggiato alla mia nuca.
Dio ha creato gli incubi per concederci il lusso di riparare ai nostri errori e anche ai suoi.
Oggi non mi muovo. Ho bisogno di star fermo.