Dicono che nella vita quello che conta è salvarsi il culo.

Dicono che nella vita quello che conta è salvarsi il culo.
Dove il culo rappresenta la vita stessa, e già questo dovrebbe far riflettere.
E il concetto di culo ritorna frequente nei vari metodi di salvarlo.
Ad esempio puoi salvarlo leccando il culo di altri.
Ma c’è chi arriva addirittura a salvarsi il culo leccandosi il proprio.
In un apoteosi di auto esaltazione con l’intento di staccarsi mentalmente dalla condizione di bipede per fare ingresso nella metaforica condizione di essere volante e divino che guarda il mondo dall’alto.
Dall’alto di una mazzetta di soldi e potere che se vista da vicino sarà si e no alta qualche centimetro.
Meno del salto di un bambino dal terzo gradino di una scalinata che portava al campetto da calcio.
A volte mi chiedo perché sia cosi’ difficile innamorarsi.
Uno dei motivi è proprio la tendenza femminile a salvarsi il culo.
Più il culo è bello più la sua padrona farà di tutto per salvarlo.
Ed è abbastanza evidente che io non ho i mezzi per salvare i culi altrui.
Se avessi avuto culo ( sempre di culo si parla) si sarebbe innamorata di me una donna ricca, bella e porca, e giuro non le avrei mai chiesto di salvarmelo, le avrei solo espresso il desiderio di non esercitare nessun tipo di potere su di me con l’eccezione di potermi cavalcare a suo piacimento.
Salvarsi il culo diventerà presto il mantra più recitato, un rosario profano a cui l’uomo si affiderà per la sopravvivenza.
I più saggi rimarranno incantati di fronte alla dignità della natura alla quale l’uomo da anni rompe il culo mentre lei senza cedere al dolore sopporta nella eterna convinzione che quell’essere viscido chiamato uomo non ha ancora capito che ogni ogni culo che profana è solo un passo verso la sua definitiva autosodomizzazione che l’universo accoglierà con un sorriso trionfale.

Il paradiso è un vizio.

Il paradiso è un vizio. Meglio non abituarsi.
L’nferno per alcuni è una scelta. Una richiesta d’aiuto. “Lo vedete, esisto anch’io, in questa vita di merda che mi sono creato su misura.”
Conosco una persona che ha deciso di fare della sua vita la sceneggiatura di un perdente, una storia di tristezze, alcool e domande senza risposte.
Vive guardando allo specchio il suo personaggio, è convinto che non vivrà a lungo, è convinto che la sua sensibilità lo renda differente dagli altri, è convinto che solo la poesia sia uno specchio reale di una realtà senza valore. 
Ed è convinto che tutte queste convinzioni dovrebbero aiutarlo a scopare di più.
Ed a volte accade.
La donna si sente solidale con la capigliatura disordinata, con i pensieri bruciati, con le parole giuste e con la richiesta d’aiuto.
E gliela da.
Obiettivo raggiunto.
Il poeta maledetto per oggi non scriverà nulla, ha da scopare.
Meno male.
Io non sopporto più i depressi, gli esauriti, gli strani, i profondi, gli artisti, i senza dio, quelli che dio è loro fratello, quelli che dio assomiglia a loro.
Io non sopporto più il troppo pensiero intorno a se stessi.
Cambiamo discorso.
Mentre Santana suona sto ripensando ad una notte di qualche giorno fa in un albergo di Londra.
Voi immaginate cosa voglia dire riuscire ad avere tra le proprie braccia una donna sognata per 5 lunghi anni, una donna che sembrava impossibile eppure così desiderata.
Vuol dire che in un attimo tutti i desideri diventano desideri esauditi.
E quando il mio volto si ritrovò tra le sue gambe mi chiedevo se era vero o la proiezione verosimile di tutti i sogni.
Nel farsi realtà il desiderio non aveva cambiato volto, solo espressione, io non ero io, io guardavo dall’alto sorridendo, soddisfatto di me come se quell’uomo che affogava dentro di Lei fosse la parte migliore di me.
La parte che non s’arrende mai.
Ora sono di nuovo solo, qui nella mia stanzetta, un incenso al sapore di cedro che brucia, candele e luce elettrica, ancora venti minuti prima di uscire per andare a lavorare in radio.
Lei è tornata a casa sua, a due ore d’aereo da qui.
Incredibilmente mantengo una serenità solitaria, alla faccia del poeta maledetto che ebbe quella stessa donna in tre giorni e che non l’avrà mai più.
In culo lui, le sue poesie, le sue tristezze.
Non si può piangere su se stessi mentre milioni di persone lottano con reali problemi di sopravvivenza.
Il compiacimento non può rimanere indifferente di fronte a paragoni scomodi.

Il ragazzo voleva vendermi rose, una ragazza voleva vendermi un accendino a forma di donna nuda, un altro uomo , sordo, voleva che comprassi spilline , un vecchio cantava una canzone di Bocelli in Corso Vittorio Emanuele, due ragazzi erano statue viventi, un amico vende libri su una bancarella in Brera.
Tutti hanno problemi di sopravvivenza, e chi non li ha ha tempo per scrivere poesie.
Spesso sono solo poesie del cazzo.