Un giorno mi truccai e indossai le camicie di mia madre per sentirmi diverso.Tenevo nello zaino i vestiti di riserva, facevo finta di andare a scuola poi entravo in un bar mi cambiavo e fuggivo al Parco di Nervi.Mi sono distrutto di canne e mi ubriacavo con una birra chiamata EKU 28.
Uno sciroppo piu’ che una birra.
Poi una notte tornando da Santa Margherita rischiai di morire evitando un frontale per l’intervento di qualche divinità che passando di li decise di salvarmi.
Lasciai l’EKU 28..
Rubai un intero set di strumenti, dalla batteria alla chitarra passando per basso e tastiere e misi su un gruppo dove io ero il piu’ incapace a suonare ma nessuno poteva dirmi nulla perchè gli strumenti li avevo portati io.
Ho dormito ai piedi del letto di un mio amico per tre mesi perchè non riuscivo a dormire da solo convinto che ogni notte fosse la mia ultima notte.
Ho passato notti sui treni per Arquata Scrivia avendo come amiche delle prostitute di colore, d’estate andavo a dormire sulla spiaggia di Quarto con i topi che mi passeggiavano sui piedi, la mattina mi svegliava Claudia portandomi il caffè e una briosche.
Ero innamorato di una ragazza che improvvisamente spari’ , la cercai ma la sua famiglia fece muro, dopo un anno la incontrai ad una festa e mi disse che era stata costretta dai genitori ad andare a Londra ad abortire. Era al quarto mese di gravidanza e la bambina era mia figlia.
Tentai di rubare un autobus dal deposito in Albaro, non riuscii’ a metterlo in moto ed allora corsi verso il fondo dell’autobus e presi a testate il vetro.
Cominciai a piangere mentre Michele mi osservava da fuori non sapendo cosa fare.
Distrussi a calci tutte le cabine telefoniche di Corso Italia cercando di sfogare tutta la rabbia che avevo in corpo.Le cabine telefoniche finirono, la rabbia no.
Fabrizia aveva deciso di lasciarmi, andai sotto casa sua di notte, lei si affaccio’ e mi urlo’ di andarmene, io decisi di buttarmi in un cassonetto per cercare di fare un po’ di scena ad effetto.
Lei chiuse la finestra. Io aspettai nel buio del cassonetto.
Qualche minuto dopo un rumore venne dall’esterno, era il camion della nettezza urbana.
Io schizzai fuori e ricordo ancora la faccia del netturbino.
A 14 anni andavo a cavallo, caddi nel saltare un ostacolo, mi dissero che dovevo risalire subito.
Lo feci, saltai di nuovo e caddi di nuovo. O risali o non andrai mai piu’ a cavallo, mi dissero.
Al terzo tentativo non caddi piu’.
Non lo feci perchè me lo disse l’istruttore.
Lo feci perchè mi piaceva Celestina che mi stava guardando.
Una sera in Grecia incrociai lo sguardo di una ragazza seduta sul bordo della strada, le chiesi cosa facesse tutta sola, lei mi rispose: “Nulla”.
Gli chiesi se secondo Lei due “Nulla” potessero dare vita a qualcosa.
Lei disse: “Si” e andammo nella stanza del mio albergo a fare l’amore.
Nella mia scuola c’era un bel teatro, chiesi al preside se mi faceva tenere un concerto sotto Natale, lui disse di si.
Arrivai e da dietro il palco scostai le tende per vedere quanta gente c’era.
Era pieno.
C’erano gli amici venuti a farmi coraggio e i nemici che non vedevano l’ora di massacrarmi.
Chiesi a qualcuno di andarmi a prendere una bottiglia di jack daniel.
Ne buttai giu’ meta e cominciai a suonare completamente ubriaco.
Non ho nessun ricordo di quel che accadde.
Ebbi il primo orgasmo della mia vita non in solitudine ma facendo l’amore con Alessandra, anche per lei era la prima volta.
Ci ritrovammo a guardarci negli occhi ridendo per quella scoperta, nessuno dei due sapeva cosa aspettarsi.
E dopo aver riso ricordo che lei disse: “Non immaginavo fosse cosi’ bello.”
E io le risposi dicendo: “Rifacciamolo.”
Fu la stessa ragazza con cui provai il primo bacio, sotto una gradinata del palasport di Genova mentre Guccini cantava l’avvelenata.
Partita Villeggianti-Paesani, l’arbitro fischia l’inizio della partita. Qualcuno mi passa la palla, m’involo verso la porta avversaria, nessuno mi ferma, tiro: Gol.
Uno a zero.
Novanta minuti dopo la partità fini’ 15 a 1 per gli altri.
Non ricordo nessuno dei loro quindici gol, il mio lo ricordo perfettamente.
Una volta a Genova alle tre di pomeriggio c’erano sette gradi. Io amavo follemente la neve.
Ma sette gradi erano troppi.
Non poteva nevicare.
Alle cinque erano sei, alle sette 4, alle 8 erano due e alle nove comincio’ a nevicare.
Da allora chiunque mi dica che con sette gradi non puo’ nevicare io lo considero un bugiardo.
Sapevo che Babbo Natale non esisteva dall’età di cinque anni, ma feci a botte in seconda elementare per difenderne l’esistenza.
Avevo una professoressa di Filosofia che decise di pubblicarmi un libro, quando lo vidi stampato mi sembrò di aver esaudito tutti i miei desideri.
Un anno dopo a rileggerlo non lo riconoscevo piu’ come opera mia.
Lo regalai a Giovanna che scopri’ di avere un fidanzato scrittore, questo non le risparmio’ la sorpresa quando mi vide sotto assedio da attacchi di panico.
Passarono andando al militare.
Gestivo un battaglione tutto mio, ero capo pezzo dove il pezzo era un cannone.
Ero il migliore nel mimetizzarmi, riuscivo a diventare un albero i pochi minuti.
Adoravo la gavetta in cui mettevano il cibo e il percorso di guerra. Qualcuno decise che giocare alla guerra era troppo pericoloso e mi tennero tre mesi in un ospedale militare sezione malati di mente.
Un giorno mi accorsi che stavo parlando con me stesso riflesso in una finestra.
Quando ne venni fuori decisi che la vita era meravigliosa, che avrei studiato, mi sarei laureato e sarei stato un bravo ragazzo.
Qualcuno penso’ di aver ottenuto il risultato sperato ma pensava male.
Detti solo un esame, presi 28 e decisi di smettere per non rovinare la media.
Andai a vivere in una casa con una ragazza che voleva fare la cantante, per questo non si faceva problemi a tradirmi con pseudo produttori o musicisti, ma aveva l’abitudine di farsi lavare da me passandomi la spugna e il bagnoschiuma e questo bastava a farmi dimenticare di tutto.
Ho passato una sera a cazzeggiare con Fellini a una festa, un pomeriggio con Ray Charles che salutandomi mi disse che avevo un cuore buono, mi ritrovai in ascensore con James Brown e rimasi colpito da quanto era nero, ho bevuto liquido trasparente con Keith Richard solo che la sua era vodka e la mia acqua, ho chiesto al Dalai Lama cos’è la morte e mi sono dimenticato la risposta, ho fatto merenda con Akira Kurosawa vicino al mare e non sapevo chi era Akira Kurosawa, chiesi a Ben Kingsley che parte faceva in un film e lui mi caccio’ via perchè in quel film doppiava una rana.
Con Cecilia partimmo alle sette del mattino da Milano per arrivare in Normandia la sera stessa.
In Normandia non succedeva un cazzo, prendemmo la macchina e tornammo indietro fino alla Malpensa per prendere il primo aereo per Los Angeles.
Lei chiamo’ casa, aveva 20 anni, sua madre le chiese: Com’e’ la Normandia?
Lei rispose che in California faceva caldo. Fu cosi’ che i suoi genitori cominciarono ad odiarmi.
Avevo un amico che era il migliore amico del mondo, si chiamava Giorgio.
Quando era malato ed aveva ancora pochi giorni di vita mi chiese di fargli un abbonamento mensile al Corriere della Sera On Line.
Lui non trovava la sua carta di credito e io gli dissi che avrei pagato io.
Lui disse: “Va bene, ma fra un mese lo rinnovo con la mia.”
Io lo guardai e provai l’imbarazzo del mentitore dicendogli: “Ok, fra un mese lo rinnoviamo con la tua.”
E qui mi fermo, perchè i ricordi si sono tutti messi in fila per essere raccontati e non ne ho piu’ voglia.
Magari la prossima volta.
Ora torno a suonare.
Questa volta è stata dura.