Berceto

Di notte si camminava per la strada che portava al cimitero.
Era la strada dei baci.
Dopo aver passato la serata al bar Centrale le chiedevi se aveva voglia di fare una passeggiata.
Lei annuiva con la testa e senza guardarsi intorno diceva: “Andiamo”.
Si passava accanto al Duomo, qualche centinaio di metri e il paese finiva.Finivano i lampioni e ci si prendeva per mano.
La cosa strana è che la strada che portava al cimitero diventava, come per magia, la strada piu’ bella di tutto il paese.
Passavi l’estate sperando di trovare una ragazza che l’avrebbe percorsa con te.
C’era una rivincita involontaria della morte in quel percorso che per molti era stato l’ultimo chilometro della loro vita e per noi era il primo chilometro verso l’amore.
Il paese si chiama Berceto, ed oggi in quel cimitero riposa mio padre.
Quando lo accompagnammo in quel luogo sapendo che non sarebbe tornato a casa con noi io ci pensai.
Pensai a Marta, ai suoi capelli neri, ricci, pensai a quanto la desiderai e a quanto mi sembrava incredibile sentire le sue labbra sulle mie, li di fronte a quel cancello che poteva vederti entrare senza piu’ vederti uscire.
Amai Marta con tutta la forza di un amore adolescenziale.
Concedendogli il potere di farmi volare e di farmi cadere.
Respirando il suo respiro in notti d’agosto dove le stelle sembravano gli occhi di mille guardoni che non avendo trovato amore si nutrivano dell’amore altrui.
E poi si tornava indietro.
E di notte si camminava per la strada che portava al paese.
Ci lasciavamo il cimitero alle spalle con la strana sensazione di abbandonare qualcuno.
Eravamo troppo piccoli per capire che la strada dei baci sarebbe stata anche la strada dei ricordi.
Guido Prussia

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