Vi racconto un sogno

Vi racconto un sogno.
C’era un giorno, tanti anni fa, anzi tantissimi.
C’era un giorno in cui un uomo camminando su una strada in discesa si fermò a guardare la porta aperta di una casa.
Dove ero.
Lasciatemi pensare.
Brasile, si deve essere il Brasile, sento parlare in portoghese.
Comunque l’uomo si avvicina alla porta di casa e sente una bambina piangere.
Mette la testa dentro e non vede nessuno.
Solo una carrozzella da cui proviene il pianto.
Lui sa che non si dovrebbe entrare nelle case di altri, ma è troppo curioso e decide di entrare lo stesso.
Si avvicina alla bambina fino ad incontrare il suo sguardo.
L’uomo e la bambina si guardano.
La bambina smette di piangere e allunga la piccola mano verso terra e poi verso quella persona sconosciuta.
Vuole qualcosa.
L’uomo vede caduto sul pavimento un ciuccio.
Lo raccoglie e lo appoggia sulla mano della bambina.
La bambina sorride e ricomincia a ciucciare.
Tranquilla.
L’uomo soddisfatto esce dalla casa e riprende a camminare per quella lunga e stretta strada in discesa.
Il padre della bambina era morto prima che la bambina nascesse, la madre non volle mai raccontare alla piccola perchè il papà di sua figlia era stato ucciso.
E la piccola non raccontò mai alla madre di quando suo padre tornò a farle capire che non era scomparso.
Un uomo camminava per le strade del Brasile non sapendo di essere diventato padre e di essere morto senza nemmeno essersene accorto.

Guido Prussia
Photo di Guido Prussia

Le cose semplici

Sai le cose semplici sono quelle che durano di piu’, semplicemente perchè meno sono i meccanismi piu’ difficile è che avvenga un guasto.
La vita puo’ essere un auto super accessoriata, con un motore supersonico e dalle prestazioni eccezionali, o puo’ essere una moto con un motore monocilindrico, il più semplice di tutti, leggero, stretto, poco costoso, facilmente realizzabile e ispezionabile.
Io sono cosi’.
Monocilindrico.
Mi accendo con poco, mi basta un cane che sfida il vento su un piccolo ponte nel Pueblo di Taos in New Mexico e già sento l’odore della strada.
E questa strada la voglio condividere con voi.
Guido Prussia

La prima volta.

Da bambino sognavo di incontrare gli indiani.
Quelli con l’arco e le frecce.
Nei primi anni 80 in una riserva Navajo il mio sogno divenne realtà.
Dopo 35 anni sono ancora in queste terre a caccia di emozioni.
Non so perché abbia questa passione e forse le passioni non hanno bisogno di un perché.
Ma so che quando guardo questa foto che ritrae quel primo incontro mi commuovo ricordandomi di essermi sentito come un pescatore di montagna che scendendo a valle scopre finalmente che il mare esiste.

Giorno di pioggia

Ci allontaniamo ogni giorno dal nostro passato e nello specchietto vediamo la strada farsi piccola.
Sul vetro la pioggia ci ricorda che da qualche parte c’è il sole.
Se pensiamo a cosa si è lasciato vengono in mente le cose piu’ grandi che non stavano in tasca se pensiamo all’amore è un miscuglio di gioia e dolore.
Se pensiamo a quello che siamo stati sembriamo tante persone che fatichiamo a riconoscere se pensiamo a quello che saremo pensiamo a uno sconosciuto che ci chiede di entrare in casa.
Ci allontaniamo ogni giorno dal nostro passato per andare in un luogo che non conosciamo, c’è chi dice sia migliore e ci vuol vendere un biglietto di prima classe per un treno di cui non si conosce il nome, c’è chi dice che sia il nulla ma del nulla non ha una definizione.
L’unica cosa sicura è la strada, se c’è una curva sappiamo come girare, se c’è una discesa sappiamo frenare, se c’è una salita sappiamo scalare.
E quando finirà la strada, parcheggeremo la macchina e andremo avanti a piedi fino a che le forze ce lo faranno fare.
Poi senza forze seduti staremo ad aspettare che si faccia avanti l’ingegnere che ha costruito una strada pur sapendo che non aveva abbastanza asfalto per poterla finire.
Gli chiederemo la ragione.
E se la ragione sembrerà solo una scusa per coprire un errore spero di avere il coraggio e ancora abbastanza forza per mandarlo a cagare.

Io e te

La luna
al vertice del triangolo
alla base noi due
con due fari accesi in mano
che la illuminano
camminando uno incontro all’altra
fino a che il triangolo
diventerà un filo e la luna
un palloncino luminoso.
Sei pronta?
Si.
Lasciamola.
Ti guarderò
guardare la luna liberata
volare via.

Guido Prussia
Photo di Guido Prussia

L’amore mi fa paura

L’amore mi fa paura.
Mi fa paura la sua capacità di plasmarsi ed assumere le piu’ svariate forme.
L’amore come ossessione, l’amore come possesso, l’amore che riempie i vuoti e l’amore che ci fa compagnia.
L’amore è una collezione di maschere.
Sorridenti, malvagie, impaurite e imploranti.
L’amore mi fa schifo, salvagente per marinai naufraghi incapaci di nuotare.
Ti da ragioni per sbagliare e per chiedere perdono, è una scusa per fare del male e per giurare che non lo farai mai piu’.
L’amore che chiede cosa fai, dove vai e come mai.
L’amore poliziotto, l’amore galera, l’amore implorante perdono.
L’amore che ti droga e ti da la scusa del drogato incapace di intendere e di volere.
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E poi, improvvisamente da una strada, vedo spuntare l’amore.
L’amore quello vero.
Non quello detto, nominato, cantato, recitato, costruito, distrutto e bestemmiato ogni giorno.
Ma l’amore vissuto, costruito giorno per giorno, l’amore invecchiato, l’amore che ha plasmato la sua mano per accogliere la mano di lei, l’amore che se lo chiami si gira, l’amore che ti ho rispettato tutta la vita, l’amore che se tu dimentichi io ricordo, e se io dimentico tu ricordi.
L’amore che riconosci dalla naturalezza in cui avvolge un uomo e una donna come se volesse proteggerli da tutto quell’amore di merda parlato da chi non sa nemmeno cosa sia l’amore.
No, non è l’amore a farmi paura, mi fa paura l’uso che si fa della parola amore come alibi per giustificare l’incapacità di amare davvero.
Guido Prussia
Photo di Guido Prussia