In South Dakota

Anni fa mi trovavo in South Dakota.
Ero a Pine Ridge, cittadina dove regna la poverta’ assoluta.
Mi trovavo da quelle parti per andare a visitare Wounded Knee, luogo dell’ultimo massacro di indiani avvenuto nel 1890.
Feci un salto anche sulla tomba di Nuvola rossa, grande capo Oglala.
Una mattina mi trovavo a fare colazione in uno squallido ristorante.
Il caffe’ era annacquato, i biscotti erano duri come la pietra, la donna indiana che mi serviva mi guardava come per dirmi: “Che cazzo fai tu qui?”
Accanto a me si siede un tizio con i capelli lunghi, bianchi, legati dietro.
Ordina un uovo strapazzato, poi si gira e mi guarda.
Lo saluto.
Lui mi saluta:
Yellow bird. Mi dice.
Guido. Rispondo.
E ride.
Io rallento nella mia colazione.
Arrivano le uova.
Rimaniamo seduti al bancone per un quarto d’ora.
Poi si volta e mi dice:
Ti piacciono gli indiani vero?
Si. Rispondo.
E cosa ti piace degli indiani? Chiede.
Mi piace la loro filosofia di vita.
La nostra filosofia di vita…. e sorride mostrando i pochi denti rimasti.
Sorrido anche io.
La vuoi conoscere una storia. Mi chiede.
Certo.
Allora vieni con me.

Mi chiede di seguirlo.
Usciamo dal ristorante (chiamarlo ristorante e’ troppo, ma non saprei come altro chiamarlo), lo seguo, arriviamo davanti a una vecchia Jeep scassata.
Vuoi fare un giro?
Un giro con Yellow Bird?
Avrei voluto dire di no, ma ho detto si.
Salgo sulla Jeep. Faceva un freddo cane. Yellow Bird prende dai sedili posteriori una coperta e me la passa.
Copriti, mi dice e sorride.
Usciamo da Pine Ridge, dopo venti minuti arriviamo alle Black Hills.
Parcheggia.
Andiamo.
A piedi? Gli chiedo.
Lui non risponde e sorride. Io lo seguo.
Dopo qualche minuto arriviamo di fronte a una vecchia roulotte.
Yellow Bird bussa alla porta.
Nessuno risponde.
Non c’è nessuno. Dico.
E’ dentro. Risponde sorridendo.
Bene.
Mi ha detto di sedermi. Lui si e’ seduto di fianco a me.
Dopo un quarto d’ora la porta si apre.
Esce un vecchietto con un paio di ray ban da sole.
La prima cosa che mi sono chiesto e’: ma quanti anni avra’?
E non ho saputo darmi una risposta.
Poteva averne sessanta come duecento.
White Plume. Dice Yellow Bird.
Poi guardando il vecchietto dice: Guido.
Poi altre parole in dialetto indiano.
Il vecchietto ride.
Hai delle sigarette? Mi chiede Yellow Bird.
Tiro fuori una sigaretta dal pacchetto.
Yellow Bird sorride, scrolla la testa, prende la sigaretta e me la infila tra l’orecchio e la testa poi prende l’intero pacchetto e lo passa a White Plume.
Il vecchietto ride e si inchina per ringraziarmi.
Poi fa segno di entrare.
Dentro c’è una confusione incredibile.
Una confusione di stronzate.
Bicchieri, taniche di aranciata, dreams cathers, penne, fogli di carta disegnati, portaceneri, cuscini colorati e una televisione che fa intravedere da un segnale pessimo un cartone animato.
White Plume mi fa segno con la mano di sedermi su una seggiola che secondo me se mi siedo si spacca.
Mi siedo.
Non si spacca.
Yellow Bird dice altre cose in una lingua sconosciuta al vecchietto.
Lui sorride.
White Plume mi guarda in silenzio per cinque minuti.
Non dice una parola. Sorride e basta.
Poi prende un bastone e me lo passa attorno come se disegnasse la silouetthe del mio corpo.
Poi prende della cenere e la lancia per aria.
Accende un ramoscello di qualche pianta che non conosco, ne esce del gran fumo che ci fa tossire tutti.
Sono avvolto da una specie di nebbia per qualche minuto, poi la nebbia si dissolve.
White Plume parla nella sua lingua e Yellow Bird traduce.

Oggi la gente cerca la conoscenza, non la saggezza.
La conoscenza è legata al passato, la saggezza appartiene al futuro.

Solo queste parole.
Poi inchina di nuovo la testa e sorride.
Yellow Bird mi fa segno di alzarmi.
White Plume ci accompagna alla porta.
Mentre andiamo verso la macchina White Plume rimane fermo sulla porta a guardarci.
Naturalmente sorride.
Arriviamo alla macchina.
E poi di nuovo a Pine Ridge.
Di fronte al ristorante Yellow Bird mi saluta, poi mi richiama indietro e mi dice:
Farai della strada oggi. Guida prudente c’è un luogo che ti aspetta, e quel luogo, qualunque sia, diventerebbe triste triste se non ti vedesse arrivare.

La saggezza appartiene al futuro.