Minuscoli desideri per occhi enormi.
Ci deve essere un filo nell’aria che unisce il mio sguardo al tuo
Sul filo cammina un trapezista che passa da me a te
Barcollando senza rete di protezione sul vuoto.
La tua orma sulle foglie autunnali durerà quanto vuole il vento
La guardo catturandola prima che scompaia
Nell’indifferenza cinica del tempo
Che ha costruito un muro infrangibile di vetro trasparente
Tra me e te
E ci guarda guardarci
Per il gusto di scoprire chi avrà per primo
La forza di prenderlo a pugni.
Tutto questo mentre nel campo delle lucciole
Tu mi hai detto di posare il barattolo di vetro
Non ha senso catturare le luce
Quando puoi vederla volare libera.
Imparare a camminare.
Imparare a stare da soli è come imparare a camminare.
Prima ti appoggi a qualcosa, poi, poco a poco, abbandoni l’appoggio e cominci a fare brevi distanze dondolando come una nave nella tempesta.
Cadi.
Conosci il dolore.
Ti rialzi.
Cadi.
Conosci il dolore.
Ti rialzi.
E poi non cadi più.
Qualunque sia il punto di arrivo tu sai che ce la puoi fare ad arrivare
Durante il viaggio incontri persone, trovi amori, qualcuna prova a fermarti, altri ti porgono un appoggio, tu porgi il braccio per fare qualche passo insieme, scambi quattro chiacchiere, giusto il tempo di chiederti se durerà per sempre per poi scoprire che per sempre non esiste.
Ti rinchiudi nella tua esistenza come uno di quei ricci che tornando a casa in campagna di notte trovavo sul bordo della strada.
Lo raccoglievo e lui si chiudeva diventando una fortezza inespugnabile.
Il segreto era appoggiarlo con dolcezza sul palmo della mano e salvarlo portandolo dentro il bosco.
Una volta appoggiato restavo li a guardare fino a che non si riapriva, spuntavano i suoi occhietti che si guardavano un attimo intorno prima di fuggire.
L’avrebbe mai capito che aveva cercato di difendersi da chi voleva solo salvargli la vita?
Imparare a stare da soli è come imparare ad andare in bicicletta, come imparare a sciare.
Una volta che hai imparato non lo scordi mai più.
O forse si.
Forse esistono da qualche parte persone capaci di farti riprovare l’estasi del bambino barcollante che mentre sta per cadere trova un dito da afferrare con la sua piccola mano e alzando lo sguardo verso il cielo crede, per un attimo crede, che quel dito sarà li per sempre.
Le certezze
Ti riempi la vita di certezze.
Poi lungo la via incantata incontri uno sguardo che guarda verso un mondo sconosciuto e ti chiedi come sia stato possibile che un esploratore come te non abbia mai notato che esisteva quell’universo creato dai suoi occhi.
Non era segnato su nessuna mappa, non ne avevi mai sentito parlare, se non fosse stato che un giorno hai visto lei che guardava in quella direzione sconosciuta e hai capito quanto fosse sbagliato pensare che ogni territorio appartenesse alla tua memoria.
Ti chiesi cosa stavi guardando con quegli occhi lucidi di passione e tu mi hai risposto che guardavi semplicemente la strada dove hai visto scomparire un amore.
Ti chiesi perchè non gli correvi dietro.
“Non posso.” Hai detto. “C’è un muro di vetro che non puoi infrangere che ti mostra dove è andata la felicità ma non ti permette di raggiungerla.”
E ci siamo ritrovati, seduti sullo stesso sasso, a guardare un orizzonte impenetrabile tenendoci per mano quel tempo che ci volle per capire che stavamo cercando la stessa cosa in un tempo sbagliato.
Poi cominciò a piovere e lei alzo lo sguardo verso le nuvole, e io non seppi più se erano lacrime di pioggia o di nostalgia.
Cosa farò da grande
Cosa farò da grande?
Magari andrò a caccia delle cose che ho perso da bambino.
Forse cercherò la strada che porta al lago dove un amore dolce mi disse di ripassare che non era il momento giusto.
Inseguirò un falco che mi ha rubato un aquilone che stavo inseguendo dopo averlo perduto.
Potrei restare fermo aspettando una contadina che mi spieghi come si vive di terra e di pioggia.
Ma probabilmente starò seduto sulla collina ad aspettare che l’erba cresca abbastanza da nascondermi da tutti quelli che non hanno mai smesso di chiedermi “Cosa farai da grande?”
anche per questo la amo
ho salvato un ragno da un esecuzione sicura
lei lo teneva in mano e mi chiedeva: lo ammazzo o no?
le ho detto che ammazzare un ragno è un crimine a favore dell’umanità, e l’umanità non merita favori…
lei ha capito e l’ha lasciato andare
anche per questo la amo
La vita da significato alle parole.
La vita da significato alle parole.
C’è chi cresce pensando che un abbraccio sia normale e chi lo descrive come un desiderio irrealizzabile.
C’è chi vede il pane come un contorno scontato al suo pranzo chi lo identifica come sopravvivenza.
Ogni bambino si crea il suo vocabolario sulla base delle sue esperienze.
C’è chi pensa che la paura sia affrontare pirati sanguinari e chi la identifica con l’irascibile carattere di un padre manesco.
Diventiamo uomini parlando lingue sconosciute.
Cos’è per te la libertà?
Per me è riuscire a fuggire dalla prigione delle aspettative che non saprei soddisfare.
Cos’è un muro?
Per te è un ostacolo per me una protezione.
La mia infanzia e la tua infanzia sono libri di scuola che non hanno nulla in comune.
Da piccola hai imparato cose che io non conosco e al bambino che ero la vita ha insegnato cose che tu ignori.
Siamo due boschi confinanti popolati da animaletti diversi.
Sui tuoi rami corrono scoiattoli, nella mia boscaglia vivono ricci abituati ad usare i suoi aculei per proteggersi.
Nel tuo cielo volano coloratissimi diamanti di Gould nel mio si lasciano trascinare dal vento pigri albatri così agili mentre volano e così goffi nel muoversi a terra.
Siamo tutti clandestini nella vita di chi amiamo, armati di un lasciapassare dalla scadenza indefinita.
Insegnami la tua lingua ed io ti insegnerò la mia, solo così potremmo essere sicuri che se ci lasceremo sarà non per le incomprensioni ma per il coraggio di accettare ciò che tu comprendi di me ed io di te.
Il soldato
Il soldato scherza sulle sue battaglie come fossero state scaramucce.
Si guarda le ferite come fossero sbucciature di un ragazzino caduto dalla bicicletta.
Poi si veste in borghese perchè la guerra è finita e nasconde la divisa in un cassetto.
E dimentica la paura, dimentica le notti a fare da sentinella, dimentica gli spari e le cannonate , ricorda solo quando nei momenti di tregua pensava a lei e scriveva lettere d’amore che finivano sempre con un: aspettami amore mio.
Ma l’amore suo al ritorno era l’amore di un altro.
E il soldato abbracciava il cuscino sentendosi più triste di quando abbracciava la terra.
Sopravvissuto alla guerra ucciso dentro dal ricordo di lei.
Il soldato che non era più soldato si alzava ogni mattina provando nostalgia per la trincea, quando pensava di avere due possibilità, o morire o tornare da lei.
Non sarebbe più morto in battaglia.
Non l’avrebbe più avuta tra le sue braccia.
C’è chi la chiamava pace ma per lui era soltanto la fine di una speranza e la morte di un desiderio.
Ci sono guerre che danno un senso alla vita e armistizi che ti mettono con le spalle al muro senza nessun nemico pronto a sparare che possa salvarti dal ricordare quello che hai perso quando ti sei riuscito a salvare.
Dove e quando
Dove e quando è evaporata quella pioggia di emozioni che da giovani scrosciava di fronte a un bacio, un abbraccio o uno sfioramento di mani?
Chi se l’è portata via?
E perchè in cambio ci ha lasciati questa aridità noiosa, banale, che rende le giornate tutte uguali.
Per non parlare dei sentimenti, venduti un tanto al chilo in cambio di rapporti freddi, scontati e capaci solo di rassicurare il nostro ego o di distruggerlo.
E lo chiamano amore, lei che tromba con lui, lui che pero’ spesso si addormenta e allora lei che tromba con l’altro, ma l’altro accade che poi si annoia e allora cerca un altra che dice di amare un altro ma di aver bisogno di lui per sentirsi amata.
Un caleidoscopio di sperma, orgasmi, fighe che desiderano essere penetrate da qualcosa, cazzi che cercano buchi, parole superflue, pensieri superflui, la scomoda sensazione del sudore altrui, la scomoda sensazione del nostro sudore su di lei o su di lui, e poi tornare a guardarsi dopo, con la faccia impostata, naturalmente soddisfatta, scambiandoci opinioni inutili sul domani per creare una scia a questa lumaca secca che per qualche minuto si è illusa di avere sulla schiena una casa in condivisione.
Il tutto condito dai nostri anni che pesano come macigni, non tanto per il tempo passato, ma per le illusioni bruciate, per la ripetizione di parole che poco a poco hanno perso di significato.
Per non parlare dei silenzi che all’inizio erano illuminanti ed oggi sono solo buio.
Rimettiamo sul giradischi un disco di qualche anno fa.
Ricordo che quando l’ascoltavo c’era Daniela.
Un giorno d’estate indimenticabile riuscimmo a scambiarci per aria un pallone di pallavolo per almeno 40 volte senza farlo mai cadere.
Era il record dei bagni.
Cazzo quanto ero felice.
E quando arrivava….era sempre tra le undici e le undici e mezza, lei e sua madre dietro.
Io ero sdraiato sulla piscina, e con la testa appoggiata sull’asciugamano le osservavo i capelli biondi andare su e giu’, poi si chiudeva in cabina ed usciva con un costume azzurro che non dimentichero’ mai.
Quanti anni avevo…duro’ dai 13 ai 16 anni…
D’inverno non la vedevo, ed allora aspettavo l’estate, che era una parentesi troppo breve in quel racconto interminabile e scontato che era l’inverno.
Questa rottura smielata di coglioni l’ho scritta per ricordarmi di come gli uomini smettano di giocare per sentirsi più uomini.
E chi non vuole smettere si ritrova solo sulla spiaggia cercando qualcuna con cui palleggiare.
Qualcuna ha una palla da imprestarmi?.
O sei o non sei
O sei o non sei.
Ed essere è molto più’ complicato che non essere.
Per questo siamo circondati da esseri che non sono.
Se sei non puoi schivare i proiettili dell’ipocrisia, non subisci il fascino del potere e rifiuti di adeguarti alle regole che non capisci.
Se non sei puoi essere qualunque cosa e puoi trasformarti indossando l’aspetto più idoneo che ti faciliti il raggiungimento del successo.
Se sei non puoi ignorare le tue origini selvatiche.
Se non sei mostri con orgoglio il tuo animo addomesticato come fosse la garanzia di un affidabilità che merita una ricompensa dal padrone.
O sei o non sei.
Se sei riconosci chi è e chi non è.
Se non sei non riconosci chi è semplicemente perchè ignori l’esistenza di esseri che sono.
Se volete capire se siete o non siete semplicemente ponetevi di fronte a un animale e provate a parlargli.
Se vi sentite stupidi voi non siete più.
Se invece capite che non sono le parole a comunicare ma il tono, lo sguardo e il suono allora voi siete.
Essere è semplicemente possedere la capacità di sentirsi albero tra gli alberi, animale tra gli animali, vento nel vento, acqua nell’aqua e anima tra le anime.
Un essere tra gli esseri.
Avevo una donna
avevo una donna anni fa che mi faceva sentire felice
avevo una stima immensa per lei e il fatto che mi amasse mi portava ad avere stima di me stesso
lei era meglio di me e questo non mi portava ad entrare in conflitto con lei
al contrario il suo desiderarmi mi portava a credere che ci fosse qualcosa di buono in me
lei era la vetta di una montagna ed io uno scalatore inesperto che non finiva di chiedersi come avesse fatto ad arrivare lassù
e da lassù si vedeva un panorama fantastico
i ricordi di quella scalata non se ne sono andati e mi distolgono dall’intrapendere salite troppo semplici
sono uno scalatore inesperto che non vuole adeguarsi alla sua mancanza di fiato
preferendo rischiare di rimanere senza forze per raggiungere una cima solitaria
piuttosto che continuare a percorrere sentieri per principianti che portano verso una affollata area di ristoro per umani desiderosi di una compagnia qualsiasi