Quant’è bella New York in Giugno cantano Jeff Bridge e Robin Williams, sdraiati nudi sull’erba di Central Park di notte.
Jeff è tornato dalla sua ex, l’unica che lo amò davvero, Robin ha trovato un nuovo amore dopo la tragica scomparsa della sua prima moglie.
Il mondo va avanti dopo essere andato indietro, in una continua giostra di fastforward e rewind.
Siamo marionette che avvertono la presenza dei fili ma non vedono nessun burattinaio.
Oggi ho messo a posto la casa, passato l’aspirapolvere, pulito i mobili, messo a posto le fotografie, mi sono preso cura della tana e del passato.
Ed è questa l’unica cosa che fa passare il tempo piacevolmente, allegerendolo del suo peso.
Mi sono imbattuto in una foto in cui baciavo Sabina nella Valle della morte, poi in un altra dove c’era un pranzo consumato in qualche ristorante americano, poi un orizzonte greco e una ragazza con un topo portato sulla spalla.
Mi meravigliavo del fatto che quella era la mia storia, che ne avevo una prova visiva, che ero stato laggiu’ e che ora fossi qua.
Tendo a slegarmi dalla storia della mia vita da quando ho capito che agli umani non interessano le storie.
Eppure ero io, Sabina è stato il grande amore della mia vita e quel viaggio on the road rimane un sogno realizzato.
Quel pranzo mi ha fatto venire in mente le centinaia di luoghi in cui ho mangiato, ogni giorno un posto diverso, facce diverse, visioni diverse intraviste dalla finestra.
L a Grecia, sette anni di fila, da quando si dormiva sulla spiaggia perchè non c’erano alberghi fino alla devastazione dei super hotel extra lusso.
La ragazza russa che viaggiava con un ratto domestico incontrata per caso a New York e che mi segui’ fino a New Orleans dormendo con me, io a destra, lei a sinistra, il topo chissà dove.
Ero io, ma è come se raccontassi a me stesso cio’ che ho vissuto.
Un giorno in Mississipi mi fermai in un saloon, entrai per bere qualcosa, c’era una famiglia seduta ad un tavolo che mangiava.
Decisi di mangiare anch’io.
Quando il mio pranzo era finito loro stavano aspettando il dolce.
“Quà è nato il blues.” Mi dissero. “Ed il blues vero ha un tempo lento. Era la consolazione degli schiavi, l’unico modo per sentirsi uniti e diversi dai padroni.”
Un tempo lento.
Forse per questo lei non è la donna giusta per me. Lei accelera il tempo, lo divide in scadenze fisse, ne fa una torta da dividere e da mangiare in fretta.
Sarà l’eta che avanza ma ho bisogno di una donna che freni, che abbia meno fretta, che si sieda ad ascoltare e a raccontare.
Ma non è facile.
Siamo bruciati dalle scadenze, dalle agende piene, dalle caselle da riempire, dai giorni da pianificare.
“Ci vediamo in settimana.” Mi ha detto.
“Vaffanculo.” Le ho risposto.
Se ne è andata senza aver capito perchè mi fossi incazzato.
Stasera me ne vado a vedere Spider man.