Io mi ricordo che voleva fare l’attrice, mi ricordo che aveva dei piani folli per la sua vita, ricordo che sorrideva pensando che stesse costruendo il suo futuro usando tutti i colori che aveva a disposizione.
Li mischiava senza nessun rispetto per l’estetica cromatica, esattamente come farebbe chi non ha importanza del giudizio ma solo del divertimento.
Ora sapere che se ne sta andando lasciandosi dietro quella scia di colori simili alla coda di una cometa, sapere che di tutti i sogni e’ rimasta una rana di peluche in bilico sulle sue mani di bambina, sapere che mentre io mi chiedo che fare a Natale lei non avra’ altri Natali, sapere tutto questo mi porta a ritrovarmi con le spalle al muro.
Quel muro me lo sono costruito giorno dopo giorno chiedendomi troppi “perche'”.
Da bambini viene naturale farlo: “Perche’ le nuvole volano?”, “Perche’ il mare non sta mai fermo?”, “Perche’ quando sbadiglio mi spuntano le lacrime?”
Perche? Perche? Perche?
Ma da grandi bisognerebba smetterla di porsi troppe domande, per il semplice fatto che le domande diventano sempre piu’ pericolose e le risposte possono svelare ingiustizie senza logica.
E invece ho continuato.
Non avevo interlocutori affidabili e ponevo le domande a me stesso cercando dentro di me le risposte.
Chiaro che non fossi mai soddisfatto delle spiegazioni.
Se ero io a avere dubbi come potevo io spiegarli?
Del resto anche scrivere questo diario a cosa credete che serva?
Serve a pormi seduto di fronte all’esistenza cercando di riprodurla nera su bianco per poi vederla da lontano e trovare qualche spiegazione.
Io non so se serve, forse no, rileggendo alcune cose mi accorgo che nessuna nebbia si e’ dissipata, ho sempre i fari accesi e procedo tenendo gli occhi fissi sulle linee gialle in mezzo alla strada.
Procedendo alla velocita’ minima, quella che mi consentirebbe di frenare di fronte ad un ostacolo improvviso.
Che cazzo di illusione, frenare in tempo……
Ma quando mai.
Non esiste una velocita’ di sicurezza nella vita, per quanto cauto procedi prima o poi ti accorgi che non sarai tu ad andare a sbattere contro il muro, ma sara’ il muro a colpirti frontalmente sbattendosene le palle del tuo andare a rilento.
Oggi scrivere mi costa fatica, non faccio altro che muovermi sulla sedia nervoso, sembra che il pensiero si ribelli a certi ragionamenti.
Lascia stare, mi consiglia, lascia stare….pensa ad altro.
E penso a Lei che se ne e’ andata.
Le ho scritto un messaggio: “Il vuoto riempe il tutto.”
Mi e’ venuto cosi’…come ti vengono quelle risposte che dette senza pensarci poi si rivelano vere.
Mi manca.
E prima in auto osservavo il posto di lato e cercavo di ricostruire la sua immagine di fianco a me.
Cercavo e la cercavo.
Ma niente, il posto era vuoto, con cosa avrei potuto consolarmi?
Con la certezza che Lei era seduta li’, o con la speranza che ci si sarebbe seduta ancora.
Ma l’attimo, visto che l’attimo e’ tutto, l’attimo era vuoto.
Sono strano?
C’è qualcosa che non va?
Sono un umano che ha qualcosa di particolare?
Chi lo sa?
Credo che in questo caso la stranezza c’entri poco.
Credo che per quanto ci si sforzi di resistere non si puo’ contrapporre nessuna volonta’ a quella cosa assurda chiamata amore.
L’amore non e’ sostanza, non si tocca, non si vede, l’amore e’ quello che c’è tra la calamita e il ferro.
Quel vuoto che contiene qualcosa che spinge due cose ad attrarsi.
E quando accade, accade che il mondo cambia.
C’è il sole quando piove.
O piove se c’è il sole.
Stare a parlarne troppo ora non servirebbe a nulla.
Si rischia di dire le solite cose.
A meno che non si decida di viverlo senza parole guardandosi attorno e sorprendosi in silenzio di tutti quei colori apparsi improvvisamente e di cui si ignorava l’esistenza.