Dove e quando è evaporata quella pioggia di emozioni che da giovani scrosciava di fronte a un bacio, un abbraccio o uno sfioramento di mani?
Chi se l’è portata via?
E perchè in cambio ci ha lasciati questa aridità noiosa, banale, che rende le giornate tutte uguali.
Per non parlare dei sentimenti, venduti un tanto al chilo in cambio di rapporti freddi, scontati e capaci solo di rassicurare il nostro ego o di distruggerlo.
E lo chiamano amore, lei che tromba con lui, lui che pero’ spesso si addormenta e allora lei che tromba con l’altro, ma l’altro accade che poi si annoia e allora cerca un altra che dice di amare un altro ma di aver bisogno di lui per sentirsi amata.
Un caleidoscopio di sperma, orgasmi, fighe che desiderano essere penetrate da qualcosa, cazzi che cercano buchi, parole superflue, pensieri superflui, la scomoda sensazione del sudore altrui, la scomoda sensazione del nostro sudore su di lei o su di lui, e poi tornare a guardarsi dopo, con la faccia impostata, naturalmente soddisfatta, scambiandoci opinioni inutili sul domani per creare una scia a questa lumaca secca che per qualche minuto si è illusa di avere sulla schiena una casa in condivisione.
Il tutto condito dai nostri anni che pesano come macigni, non tanto per il tempo passato, ma per le illusioni bruciate, per la ripetizione di parole che poco a poco hanno perso di significato.
Per non parlare dei silenzi che all’inizio erano illuminanti ed oggi sono solo buio.
Rimettiamo sul giradischi un disco di qualche anno fa.
Ricordo che quando l’ascoltavo c’era Daniela.
Un giorno d’estate indimenticabile riuscimmo a scambiarci per aria un pallone di pallavolo per almeno 40 volte senza farlo mai cadere.
Era il record dei bagni.
Cazzo quanto ero felice.
E quando arrivava….era sempre tra le undici e le undici e mezza, lei e sua madre dietro.
Io ero sdraiato sulla piscina, e con la testa appoggiata sull’asciugamano le osservavo i capelli biondi andare su e giu’, poi si chiudeva in cabina ed usciva con un costume azzurro che non dimentichero’ mai.
Quanti anni avevo…duro’ dai 13 ai 16 anni…
D’inverno non la vedevo, ed allora aspettavo l’estate, che era una parentesi troppo breve in quel racconto interminabile e scontato che era l’inverno.
Questa rottura smielata di coglioni l’ho scritta per ricordarmi di come gli uomini smettano di giocare per sentirsi più uomini.
E chi non vuole smettere si ritrova solo sulla spiaggia cercando qualcuna con cui palleggiare.
Qualcuna ha una palla da imprestarmi?.