C’è una montagna che domina Jackson Hole.
Il mio van era parcheggiato proprio all’inizio della salita che portava alla cima.
Ogni sera, prima del tramonto, io Baby e Jack salivamo lungo le pendici del monte per arrivare ad un punto di osservazione dal quale si vedeva la città e sullo sfondo il Teton National Park e lo Yellowstone.
Non salivamo seguendo una linea retta ma facendo zig-zag per rendere il cammino meno faticoso.
Jack faceva più fatica perché era piccolino, Baby veniva su come un esperta scalatrice, Jack spesso si fermava a prendere fiato, Baby correva più avanti di tutti poi tornava indietro per raggiungerci poi ci superava ancora e poi una nuova corsa a riprenderci.
La sua felicità era nel perderci e nel ritrovarci.
In cima io mi sedevo su una roccia, Baby e Jack si rotolavano in un piccolo spazio piano dove l’erba i fiori e alcuni piccoli rami spezzati creavano un perfetto effetto massaggio alla schiena dei due cagnolini.
Dall’alto il mio van appariva come un piccolo puntino verde, quel puntino era la nostra casa.
Dopo aver ripreso forze si scendeva, sempre a zig-zag, questa volta per evitare le insidie della discesa.
Baby non ci stava e godendo del pendio si buttava giù per la discesa correndo come una matta, scavalcando il sentiero che tagliava la montagna.
Si fermava un attimo solo per guardare dove eravamo io e Jack. Poi di nuovo giù con la gioia di una bambina che scopre come la discesa renda più eccitante una corsa.
Quella salita serale era diventata un abitudine.
Arrivava dopo un giorno passato a cercare grizzly, cervi, alci e bisonti.
Ripensando a quei mesi mi accorgo come la meraviglia di quei giorni veniva sottovalutata per un abitudine al bello che fa perdere la cognizione dei privilegi che la natura regala all’uomo.
Stanotte chiuso nella mia camera ho il desiderio di scambiare dieci giorni di città per una sera su quella montagna dove la vita era così viva che non aveva nemmeno il tempo di porsi il problema della morte.
Giorno: 6 Febbraio 2020
Impreparato
Non so se capita anche a voi ma le falsita’ che mi riguardano mi trovano impreparato.
Se devo difendermi da un accusa pur essendo innocente mi trovo in difficolta’.
Sono la classica persona che davanti alla macchina della verita’ farebbe una figura di merda.
E’ il complesso del cadavere nel bagagliaio.
Quando la polizia mi ferma ho sempre il timore che trovino qualcosa che non va.
Il tutto mentre vedo bugiardi patentati portare avanti le loro palle con una calma serafica, capaci di convincere chiunque della loro falsa innocenza.
Sono così prigioniero della mia paura di essere sbagliato che mi sforzo di essere credibile dicendo la verità.