Parlavo con lei…

Parlavo con lei che aveva il viso appoggiato sul cuscino.
Ci si guardava come se fossimo stati sdraiati nello stesso letto con un Pacifico o un Atlantico di mezzo.
Avevo appena goduto di un tramonto che persino io, non appassionato di tramonti, sono stato costretto a contraddirmi.
Ero seduto su una roccia guardando il gigante rosso tuffarsi in mare e divincolarsi diventando di mille colori fino a soccombere stremato di fronte a un blu scuro che apriva la strada all’imperatore nero.
Poi mi sono buttato nel letto nella parte posteriore del van e su Netflix ho cominciato a guardare un documentario sulla vita e la carriera degli Eagles.
Erano le otto e un quarto di sera.
E mentre Joe Walsh raccontava quanto erano belli quegli anni settanta io mi sono addormentato.
Sono le 22 e 36 e mi sono risvegliato da poco con una sensazione meravigliosa di felicità.
Sono nel van, ho sognato la storia degli Eagles, mi sono guardato intorno e ci ho messo qualche secondo a capire che non è mattina ma solo l’inizio della notte.
I cani dormono di fianco a me e sembra non abbiano nessuna intenzione di svegliarsi.
C’è qualcosa di magico in questo risveglio fuori orario, come se fossi tornato da una qualche avventura, come se non avessi dormito ma camminato su un sentiero che portava all’Hotel California.
Ora faccio una passeggiata sulla spiaggia e guardo l’oceano con la luce della luna e poi me ne torno a dormire e ricomincio a vedere il documentario sugli Eagles perchè mi manca la fine della storia.
So già che mi addormenterò prima che la fine arrivi, ma questo fa parte dei privilegi concessi dal sonno.

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