Ci sono luoghi che non si scordano.
Uno di questi sono le Amana Colonies, sette villaggi a nord di Iowa City disseminati su un anello di 27 chilometri.
Arrivai qui qualche anno fa e mi sembro’ di esser tornato indietro alla metà dell’ottocento.
Mangiammo, ero con Sabina, in un ristorante dove servivano wurstel e crauti, a servirci era una ragazza vestita con abiti coloniali.
Se non avessi letto prima la storia delle Amana Colonies avrei creduto di essere come Benigni e Troisi in “Non ci resta che piangere”.
Queste colonie furono fondate tra il 1855 e il 1861 come comunità religiosa dagli “Ispirazionisti”.
Gli Ispirazionisti sono una setta protestante fondata in Germania nel 1714, arrivati in America condussero fino al 1930 un esistenza basata sul lavoro di tutti che veniva pagato in una cassa comune che poi veniva messa a disposizione della comunità.
A differenza degli Amish e dei Mennoniti gli Ispirazionisti usano le tecnologie moderne.
Arrivo nel villaggio principale verso le cinque del pomeriggio, e come ormai è consuetudine, non c’è nessuno in giro.
Cammino per le strade deserte godendo del profumo e del colore dei fiori, c’è un uomo che mette a posto un recinto, un altro è alla guida di un piccolo trattore e lavora nei campi, in un capannone c’è il ricevimento di un matrimonio.
La Amana Colonies sono circondate da paludi, mi fermo a fotografare degli uccelli, poi mi ritrovo di fronte allo stesso semaforo che mi incanto’ qualche anno fa.
E’ solo un crocevia, sormontato da un semaforo in cui lampeggia il rosso, fa tenerezza un semaforo dove non passa nessuno.
Naturalmente sbaglio strada, mi ritrovo in mezzo a delle mucche, poi su una strada sterrata, per finire su delle rotaie dove sullo sfondo vedo arrivare un treno.
Poi ecco la strada giusta che porta a Iowa City.
Quanto mi piace tornare nei luoghi in cui pensavo di non tornare mai piu’.