Fargo – North Dakota

Fargo.
North Dakota.
Prima impressione.
Che cazzo ci faccio qui?
Domenica sera, strade deserte.
Case distese su una pianura ghiacciata d’inverno e svogliatamente grigio verde d’estate.
Vado in cerca del cinema sulla Broadway visto in mille foto, con nella mente il film dei Fratelli Cohen.
Poi dopo averlo fotografato torno sul van in cerca del volto della città.
E come molte città americane anche questa è una citta senza volto.
Mille gambe, mille braccia, tante dita, una pancia e un culo, ma nessun volto.
Il viaggiatore è strano, a volte fa migliaia di chilometri per sorprendersi di qualcosa che aveva anche sotto casa.
Per questo ignoro lo zoo, la fabbrica di birra e la stazione e mi concentro sulle case.
Case timide, si nascondono dietro gli alberi, le case raccontano la città meglio di qualsiasi operatore turistico che ne declama le superbe qualità senza esserci mai stato.
Case tane, ogni casa una famiglia, un garage, un canestro da basket e scale di legno da dipingere la domenica pomeriggio.
Giardinetti dove sono parcheggiati tricicli e harley.
Fargo mi ricorda un amore di campagna, aveva i capelli sempre spettinati e mangiava bastoncini di legno, aveva un sapore di erba e paura di attraversare la strada, viveva al confine tra la campagna e la città e mi faceva entrare di nascosto in camera sua lasciandomi aperta la porta della cantina.
Fargo si chiamava Marta, quando scappavo di casa andavo da lei che si eccitava all’idea di salvarmi.
C’è sempre qualcosa di buono nelle persone.
C’è sempre qualcosa di buono in ogni luogo.
Ma non fidatevi mai dei depliants turistici, sono come quelle foto profilo su Facebook dove siamo venuti particolarmente bene.
La realtà è un altra cosa.
Guido Prussia
Photo by Guido Prussia

Rispondi