Angelica

Sono le dieci meno venti di sera, scrivo da uno Starbucks dalla citta di Eire in Pennsylvania.
Oggi ho visto cose bellissime, per voglia e per caso.
Mi accorsi che il serbatoio della benzina era vuoto mentre passavo per caso accanto alla città di Angelica.
Esco dalla 86 sulla sinistra c’è il benzinaio, ma prima di arrivare vedo un cartello indicarmi che andando a destra sarei arrivato al vecchio centro cittadino.
Come sarà la citta di Angelica?
Faccio benzina e vado a vedere.
Una grande piazza con un piccolo parco giochi mi introduce alla Main Street, e attorno ci sono solo io e case che sembrano uscite dalla favola di Hansel e Gretel.
Mi aggiro guardando le finestre semichiuse come un cacciatore di sguardi furtivi.
Mi basterebbe un occhio che spunta da una tenda, o un gatto che rientra velocemente in casa.
Ed invece nulla.
Siamo io e la città.
Finisce che comincio a parlarci con Angelica.
Vorrei chiederle perchè è cosi’ sola.
Certo non è piu’ giovane, le sue case sono consumate, le sue vie sono di un asfalto piu’ rugoso del solito, e persino il suo parco giochi e tristemente deserto.
La immagino con la neve e le luci di Natale, o d’estate con gli alberi che esplodono di verde, la immagino di domenica vestita a festa, Angelica oggi è triste e mi guarda dispiaciuta di non poter mostrare il suo tempo migliore.
Lei non sa che mi piace cosi’.
Io amo le strade deserte, le case che sembrano abbandonate, i negozi chiusi che ti chiedi se hanno mai aperto, amo quella malinconia che riempie l’aria di ricordi.
Sono stato ad Angelica il tempo di abbracciarla e di fotografarla poi me ne sono andato verso Ovest, sentivo la sua voce chiedermi:
Ritornerai?
Gli risposi che tornerò e mi fermerò a salutarla.
La prossima volta anche con il serbatoio pieno.

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