L’eleganza del dolore

L’eleganza del dolore, quando indossa un abito dimesso che non si fa notare.
Cammina per la strada con passo incerto senza cercare lo sguardo di nessuno, guardando davanti a se per non cadere, passo dopo passo con la paura di non arrivare.
Arrivare dove?
Nemmeno lo sa.
I muscoli sono stanchi, gli occhi appannati, ci sarebbe bisogno di correre magari senza pensare, pensare fa male, di quel dolore che ti penetra nello stomaco e ti fa chiedere perdono per essere così sensibile alla vita.
Come si fa a non sentire?
Prendere una pausa dal vivere, mettersi fuori dal campo e restare solo a guardare gli altri giocare.
Se lo avessi saputo prima mi sarei costruito un armatura, mi sarei armato fino ai denti, avrei cominciato da bambino a sopportare che fa male.
No, non giudicare.
Amo la vita come si amano le fragole, ne manca sempre una per essere sazi, ci aggiungevo panna montata e zucchero, le ho divorate sul tuo stomaco mentre guardavi il soffitto per non sapere quando la bocca le avrebbe afferrate.
La amo cosi’ tanto che ho imparato a costruire storie per poter scegliere di sostituire la realtà con la fantasia, la amo cosi’ tanto che quando cadrò mi alzerò.
Ci proverò.
Ci proverò come si prova a resistere alla corrente, vedere che effetto fa pensarla differentemente, trovare la cattiveria nei buoni, e la bontà dei senza cuore, uscire dagli schemi stabiliti, provare a far decollare un aquilone in mancanza di vento per vedere se si potrà vivere senza vita, respirare senza fiato e amare senza un cuore.
E camminare sulla vernice per lasciare le impronte sulla strada, forse qualcuno deciderà di seguirti, forse qualcuno deciderà di trovarti, forse qualcuno busserà alla tua porta per chiederti come mai non esci più da cosi’ tanto tempo.
Ho cambiato cosi’ tante case che confondo le chiavi, quando mi sveglio mi chiedo in quale stanza mi trovo, e se chiudo aiuto alla memoria lei mi prende per mano e mi chiede di sedermi che ha una storia da raccontare.
Comincia sempre con la descrizione di un giorno in cui sembrava che il tempo si mettesse male e le barche stavano nel porto, ma qualcuno decise di uscire per sfidare la tempesta, aveva bisogno di una storia da raccontare alla ragazza che lavorava nell’osteria del mare.
Usci’ con la barca, andò verso il largo in direzione del cielo nero, ma più si avvicinava più il cielo diventava azzurro, e andò cosi’ lontano che non riuscì mai più tornare.
Poi la memoria mi chiese se avevo capito.
Io dissi che cercare la tempesta può essere più pericoloso che trovarla.
Lei sorrise e se ne ando’.
L’eleganza del dolore, quando si indossa un abito dimesso per non farsi notare, ma chi guarda bene può notare quella macchia di sangue sul ginocchio.
Nessuno mi ha mai visto cadere, se mi chiedono cosa è successo rispondo con un sorriso.
Non è nulla, state tranquilli.
Sono inciampato in una corda tesa fra quello che si può e quello che si deve fare, ma come vedete mi sono rialzato.
Ora devo andare e grazie dell’interessamento, ne parliamo in un altro momento…

Una storia vera

Grande centro commerciale di Los Angeles.
Io e Jenny, lei è una attrice di soap opera (particolare superfluo, a Los Angeles sono tutte attrici, sopratutto le cameriere, le commesse e le impiegate) stiamo cazzeggiando da un ora entrando ed uscendo dai negozi.
Poi ci fermiamo a mangiare del cibo vietnamita.
Lei mi guarda e dice:
”Senti tu sei italiano e forse mi puoi aiutare.”
“Qual’è il problema?” dico io.
“Ho un fidanzato nuovo, meraviglioso…” Dice con espressione compiaciuta.
“Sono felice per te, ma non deve essere questo il problema.”
“Infatti, il problema è che scopiamo tutto il giorno. Non appena ci ritroviamo insieme si finisce per farlo.”
“Perfetto” dico io, “ma nemmeno questo è un problema, anzi, beata te o meglio, beato lui.”
“No, non è questo il problema, è che lui è capace di scoparmi per tre ore di fila, senza finire mai di averne voglia.”
“Sei una donna fortunata. Ma scusa dov’è il problema?”
“Il problema è che dopo aver passato ore a scopare lui smette improvvisamente.”
“Beh, lo capisco, sarà anche stanco. Continuo a non vedere il problema.” Dico.
“Il problema è che lui smette di scoparmi, e quando smette lo fa senza aver mai goduto.”
“Cosa?” Dico sorpreso.
“Lui scopa per tre ore, poi smette, e non prova mai un orgasmo.”
“Cazzo” dico sorpreso “questo si che è un problema.”
“Ma io lo amo lo stesso, lo amo tantissimo.”
“Capisco.”
“Ma vedi questo non è il solo problema.”
“Cioe’?”
“A me piace da pazzi scopare con lui, lo trovo meraviglioso, non smetterei mai di farlo, solo che…”
“Solo che…?!”
“Solo che anche se lo facciamo per tre ore io non provo mai un orgasmo.”
“Porca puttana” dico io “vuoi dirmi che scopate come matti, poi ad un certo punto smettete, vi date la buonanotte, 
e vi appisolate senza aver provato un cazzo.”
“No, non è vero che non proviamo nulla, solo che nessuno dei due raggiunge l’orgasmo.”
“A beh, l’unica cosa è che non provate l’orgasmo.”
“Si, solo quello, il resto è meraviglioso.”
A questo punto sto bevendo il caffè.
Penso che questi due devono essere due pazzi, trombano per ore, poi improvvisamente si fermano,
si danno la buonanotte e chi s’è visto s’è visto.
Lui con le palle piene di spermatozoi pigri, lei con un traguardo che sembra non arrivare mai.
Pero’ si amano.
Stanno bene insieme.
Cazzo vuoi che sia un orgasmo.
Lo dico pensando che non reggerei la situazione nemmeno un giorno, ma si sa la gente è folle, quando si 
accoppia la follia raddoppia.
Sto per dirle che un rapporto del genere è una stronzata.
Poi ci penso, penso che non sono cazzi miei, e se le dicessi che è pazza mi chiederebbe il perchè.
Allora sorrido, assumo un atteggiamento tra il filosofico e il dottorale e parto:
“Vedi cara, è tutto perfettamente normale, dov’è il problema? O meglio sarebbe un problema se 
lui provasse l’orgasmo e tu no, o viceversa. In questo caso siete perfetti, anzi siete elevati, non vi
 fermate a quel piccolo particolare animalesco dell’orgasmo. Voi andate oltre, avete fatto del sesso
 un atto senza obiettivi. Questo è il vero amore.”
Lei mi guarda dapprima stupita, poi sembra pensarci un po’, poi afferra la mia mano e dice:
“Guido, grazie, veramente grazie, hai ragione, noi andiamo oltre, noi siamo oltre, diro’ a lui
 quello che hai detto a me…”
La blocco.
“Lascia stare, non dire nulla a lui, questa è una cosa che rimane fra di noi, amalo e vedrai che prima o
 poi si sbloccherà.”
Riprendiamo il nostro shopping pomeridiano, dentro di me penso:
”Glielo dico o non glielo dico?
Glielo dico.
“Jenny.”
“Dimmi Guido.”
“In caso il problema continuasse conta su di me.”
“In che senso?”
“No perchè lo sai che io sono negato nelle storie d’amore.”
“Lo so.”
“Quindi non potrei mai darti l’amore che ti da lui.”
“Credo di no.”
“Ma…”
“Ma…?” Dice Jenny incuriosita.
“Ma io quando scopo godo sempre, se ti viene voglia di ricordarti come funziona questa cosa io sono a 
disposizione.”
“Sei uno stupido.” Dice sorridendo.
“Si, forse si, ma tu ricordati di quello che t’ho detto.”

La storia d’amore di Jenny continua tutt’oggi, due settimane dopo la nostra conversazione mi invito’ a casa 
sua, scopammo, lei non smise durante la scopata di farmi notare che amava lui e non me, io provai un orgasmo,
lei anche.
Decidemmo che per fare in modo che il suo amore “vero” non finisse era necessario che lei avesse a disposizione
 un amore finto finalizzato solo al raggiungimento del piacere.
Durante uno dei nostri incontri le feci una domanda:
”Meglio fare l’amore per tre ore senza avere un orgasmo o scopare per venti minuti con orgasmo incorporato?”
Lei rispose immediatamente:
”Se ho due strade davanti e non so quale sia quella giusta io le prendo tutte e due.”
“E come fai?” Le ho chiesto.
“Rinuncio a scegliere, se mi chiedi se preferisco il mare o la montagna io ti dico che li amo entrambi”
“E io dove porto, al mare o in montagna.”
“Tu non porti da nessuna parte, ma va bene cosi’…io…”
“Tu?”
“Io ora ho troppa paura di perdermi.”