Quando si è nella merda

Quando si è nella merda si cerca di uscirne usando anche la fantasia.
Accadde anni fa che non sapendo dove andare a sbattere per trovare qualche soldo provai a fare la statua di un lupo albino.
L’avevo vista fare sulla terza strada di santa Monica e decisi di provarci.
Nessuno mi avrebbe riconosciuto.
Nessuno si sarebbe chiesto come avessi fatto a cadere cosi’ in basso.
Di quel periodo rimane un racconto, questo:

Bianco, con questa merda di trucco che mi spacca la pelle e le palle.
Un lupo immobile nel centro di Milano.
Con i bambini che mi tirano l’orlo del vestito, i genitori che dicono ai figli: “Dagli cento lire, dai, dagli cento lire e vedrai che si muove.”
Ma io per cento lire con il cazzo che mi muovo, sto immobile e guardo la faccia delusa di padri e figli.
Lo so che stare immobili è la cosa peggiore, ma un pò di dignità ce la devo avere, altrimenti non avrei scelto il lupo come travestimento.
So cosa si chiede la gente.
“Ma come fa a stare così fermo.”
Ed allora mi guardano gli occhi per vedere se sbatto le palpebre.
Ed io le sbatto, anche se potrei non sbatterle, le sbatto, devono sapere che c’è un essere umano su questo piedistallo.
Magari si rendono conto che ho fame ed invece di darmi cento lire me ne danno diecimila.
Riesco a non pensare.
Dimentico me stesso e tutto ciò che è attaccato a me stesso.
Questa bambina è bellissima, dolcissima, e non mi tira il vestito.
Mi fissa con uno sguardo così bello che mi muovo anche gratis.
Mi muovo e sorrido, uno strappo alla regola, i lupi non sorridono, ma per questa bambina sorrido con gli occhi, con le labbra e con l’anima.
Trasformo il suono delle monete in panini imbottiti.
I panini meravigliosi del panino giusto, quattro centimetri di prosciutto, formaggio e salsa piccante.
La bambina dagli occhi dolci continua a fissarmi, sono imbarazzato, la mamma cerca di portarla via ma Lei non se ne vuole andare.
Mi fissa negli occhi.
Cosa sta vedendo?
Cosa ha visto sotto il trucco.
Ha visto me, il mio passato, i miei sogni, la mia famiglia, le mie fughe, la sopravvivenza.
Ha visto una delle innumerevoli possibilità a cui va incontro l’uomo.
Ha visto l’anima del lupo, ed era convinta fino ad oggi che i lupi non avessero anima.
Bambina vai via. Ti prego.
Non guardarmi troppo.
Non entrarmi dentro.
Non struccarmi.
Fuggo da me stesso.
Non riportarmi indietro.
Meno male…però che peccato.
Non c’è più, trascinata via per un braccio dalla mamma.
Chi l’avrebbe detto.
Si formulano possibilità per il proprio futuro, e nonostante i bruciori di stomaco, le gastriti, ed il nervosismo ero convinto ce l’avrei fatta ad azzeccare un affare.
Bastava che mi andasse bene una sola volta ed era fatta.
Una sola delle molte volte che mi sono giocato il futuro puntando su un progetto, un idea.
La gente dice che sono una persona geniale ma incapace di gestire le mie possibilità.
Non ho mia capito cosa volesse dire, ma qualcosa deve pur dire se oggi mi ritrovo quà.
Il tempo.
Chi sa realmente cosè il tempo.
Ne ho sentite troppe di storie riguardo a questo argomento.
Ed il tempo era l’unica cosa di cui avevo veramente paura prima di cominciare questo lavoro.
Scorre sulla pelle come una goccia d’acqua, dalla testa ai piedi, percorrendo strade imprevedibili, un fastidio leggero, il senso di qualcosa addosso che non si può rimuovere.
Una carezza fastidiosa che è impossibile ignorare.
Su questo piedistallo non si fugge.
Il tempo mi stringe le caviglie dei piedi, è il freddo del metallo attorno ai polsi, è qualcosa che passa che sembra non passare mai.
Un controsenso in cui è facile sprofondare, affogare, perdersi.
Ed allora guardo.
Tutto ciò che si muove, tutto ciò che può essere guardato.
Il tempo crudelmente uccide, ancor più ferocemente ti fa sopravvivere.
Quando sei una statua immobile con un cuore che corre.