Quale fondo si deve toccare?

Quale fondo si deve toccare per trovare un appoggio sicuro sotto i piedi, quell’appoggio che ti da la possibilita’ di darti una spinta poderosa per risalire in superfice?
Sapete c’è bisogno di piu’ rispetto per noi stessi.
Bisognerebbe che quel cazzo di sentimento chiamato amore a volte riguardasse anche noi stessi.
Ieri sera una ragazza mi ha chiesto se sono vanitoso.
Le ho risposto di no.
Le ho chiesto perche’ mi faceva quella domanda.
Mi ha detto che era strano vedere in casa mia cosi’ tante foto che mi ritraevano in varie parti del mondo.
Nella maggior parte delle foto ero a torso nudo con lo sguardo da duro e i muscoli tirati.
Le ho risposto di no.
Non sono vanitoso, ma adoro vedere quelle foto per ritrovare momenti della mia vita, momenti e luoghi.
Lei mi ha sorpreso.
Mi ha semplicemente detto: “Ti credo.”
“Ti credo” Punto.
Mi sono persino sorpreso e ho sentito un senso di rilassamento.
Non ho dovuto dire: “Ti giuro”, o frasi che servissero a farmi credere.
Ed e’ vero.
Non sono un narcisista.
Ma provo tenerezza per alcune avventure della mia vita e a volte anche per me.
La tenerezza sta nel pensare a quanta fatica, scommesse incerte, passaggi rischiosi e salti nel buio ho dovuto affrontare per fare cio’ che avrei voluto fare.
Ho pagato in solitudine.
La mia ignoranza affettiva e’ palese.
A volte vorrei dividere la mia vita con una donna.
Ma quale donna?
Per esempio una che mi dica “Ti credo” senza aggiungere altro.
Per esempio una donna che abbia imparato che esistono diverse sfumature in un uomo, diversi colori, e che la tonalita’ predominante non pregiudica l’esistenza di grigi inattesi.
Conosco le aspettative.
So che se uno mi vede per la prima volta pensa… ma questo chi cazzo si crede di essere?
Un cowboy metropolitano o un avventuriero che ha sbagliato strada?
So che c’è del vero in tutte e due le impressioni, ma non si puo’ precludere l’esistenza di un anima.
Quell’anima costretta a rivelarsi attraverso le sue debolezze.
Sbagliai un calcio di rigore da ragazzo e lei che era seduta ai bordi del campo entro’ in campo e mi consolò con un bacio.
Avevamo tutti e due diciassette anni, e credo sia stata l’unica volta che ricevetti un premio a seguito di un errore.
Mi illusi che quello fosse l’amore.

Avrei voluto un maestro

Avrei voluto un maestro che mi raccontasse di tutte le volte che è tornato a casa ubriaco e strafatto confortando la mia convinzione che chi resiste alla follia della vita è perché ne ha solo annusato il tappo.
Lo avrei voluto con una lunga barba bianca e con lunghi capelli legati dietro la nuca, vestito con un paio di jeans rovinati e una t-shirt con una macchia di senape sul cuore. (Lui dice che è la stigmate di un grande amore finito lanciandosi i resti di un hamburger).
Lo andrei a trovare in quella casa in fondo a quel vicolo cieco per aiutarlo a buttar via tutta quella spazzatura accumulata e in cambio gli chiederei di insegnarmi come far durare il tempo che passa troppo in fretta.
Lui mi guarderebbe negli occhi e già lo vedo chiedermi:
Di chi ti sei innamorato? Non dirmi il nome, parlami del suo odore.
E io gli direi che sa di caffè e sigaretta e che non smetterei mai di baciarla per avere il suo sapore in bocca.
Poi ce ne andremmo a cercare un bar aperto, lui zoppicante con dei sandali orribili e i piedi gonfiati da un artrosi che non lascia scampo alle cartilagini, io rallentando per non consentirgli di sentirsi lento.
Seduti fuori a pochi metri dall’oceano mi racconterebbe di quella volta in cui la morte sembro’ averlo trovato e lui finse di essere un altro per non morire.
Alla terza birra gli chiederò in cosa ho sbagliato.
Lui si alzerà dal banco e dopo avermi detto di pagare mi porterà a vedere una corsa di cavalli consigliandomi di scommettere sul piu’ scarso.
Prima che la corsa finisca mi chiederà di andarcene.
“E se avessi vinto?”
Gli chiedo.
Lui mi guarderà con i suoi occhi lucidi e profondi sussurrando:
“Non hai vinto.”
Quando gli chiederò come fa ad esserne cosi’ sicuro mi dirà:
“Non ho vissuto abbastanza per imparare a pensare come i ricchi ma so perfettamente come pensare da uomo che se ne fotte di diventarlo.”
Avrei voluto un maestro cosi’, per riportarlo a casa e dirgli che forse sarebbe stato meglio scommettere sul cavallo più veloce.
Poi vederlo entrare dicendo fra se: “E’ quando pensi di avere tutto che ti accorgi di non avere nulla. Possiedi solo ciò che non hai e cio’ che hai ti possiede…vita bastarda…buonanotte…”