Si dorme sulla Union

Da due sere dormiamo sulla Union a San Francisco.
Strada piena di locali e bar.
Ci sono un sacco di cose che accadono fuori dal finestrino.
Ho visto passare ragazze vestite da zombie, un uomo con la testa da dinosauro e un bambino con una gabbia in mano che all’interno teneva un cuore pulsante.
Lui è felice.
Nel casino riesce a dormire meglio.
Quello che non ama è addormentarsi nel silenzio.
Non ama riempire gli spazi vuoti.
Non vuole lasciare spazio alle voci che provengono dall’interno, preferisce concentrarsi sui rumori del mondo.
Io non giudico.
Non conosco i motivi e mi godo il panorama di questa strada piena di pazzi.
Mi addormento con mezzo muso fuori dal finestrino sentendo l’aria di San Francisco che mi pizzica il naso.
Sogno.
Corro accanto al mare avvolto dalla nebbia.
Attorno a me ci sono mille castelli di sabbia.
Il gioco è sfiorarli col pelo senza distruggerli.
Magari saltarli.
Ma lasciarli intatti.
Riesco quasi a farcela fino a quando la coda non si scontra contro una torretta e la fa crollare.
E’ il segnale che la missione è finalmente fallita e mi posso scatenare nel distruggere tutti i castelli.
E mi rotolo su pontili, prendo a zampate le mura ed entro come un ariete impazzito in ogni fortezza distruggendola.
Fino a quando senza più forze mi accuccio all’ombra di una siepe e guardo soddisfatto la distruzione.
Mi sveglio.
Sono distrutto dalla fatica.
Lui è sveglio, sta leggendo un libro e sottolinea alcune righe.
Poi lo chiude, si sdraia e come fa sempre mi acchiappa, mi stringe accanto a lui lasciandomi solo il muso fuori dalla coperta.
Mi accarezza il pelo cercando qualche nodo da sciogliere.
Fino a quando gli occhi gli si chiudono, le dita si fermano e rimango solo io a sorvegliare il mondo che ci scorre a fianco dandoci l’illusione che ci stiamo muovendo pur essendo immobili.

L’amore sa di sapone

L’amore sa di sapone.
Mi è venuto in mente quando la ragazza si è avvicinata al mio muso per accarezzarmi e io ho annusato l’aria attorno a lei inebriandomi di quel sapore di pulito.
Ha un paio di jeans sbiaditi con risvolti che ne mostrano le caviglie un paio di scarpe da ginnastica blu, una t-shirt bianca e occhi a mandorla.
Mi sono girato a guardarlo e ho visto i suoi occhi guardarla con ammirazione, e per quanto il suo olfatto non sia paragonabile al mio, ho visto che anche lui annusava l’aria come se sapesse di fiori.
Io odio le complicazioni, cose tipo i paletti lungo strada dove si attorcigliano i guinzagli, non ho compreso ancora a cosa servano i semafori e ho difficoltà a capire cosa si possa mangiare e cosa potrebbe farmi male.
Pero’ ho imparato a riconoscere gli sguardi e conosco le intenzioni di chiunque si avvicini.
Lei vuole sentire quanto è morbido il mio pelo.
E io allungo il muso per farmi accarezzare sulla fronte.
Poi lei chiede:
E’ un pooddle?
E lui risponde sempre allo stesso modo:
Si, è un pooddle giamaicano.
E lei sorride.
Il mio pelo fa molto reggae, lui non ha nessuna intenzione di farmelo spuntare e io ne vado orgoglioso perchè a differenza di tutti quei cagnolini tosati che sembrano giocattoli io si vede che sono piccolo ma selvaggio.
Tornando a quell’odore di sapone non riesco a togliermelo dal naso.
E nemmeno lui.
Accade che quando non credi più in nulla arrivi un odore a farti viaggiare nel tempo e a ricordarti che c’è stato un momento in cui hai affondato il muso nel collo di una femmina e hai annusato cosi’ tanto amore da uscirne felicemente ubriaco.
Prima che il tempo affondasse la sua vanga nel terreno per seppellire i tuoi sogni.
Prima che il tempo battesse le mani facendo fuggire tutte le farfalle dal tuo stomaco.
Prima che il tempo ti sbattesse in faccia la sua versione delle cose mettendoti a conoscenza di ogni trucco che sta dietro ogni magia.
Avrei potuto essere il cane di una vecchietta malinconica e romantica, che passava tutto il giorno a leggere romanzi sentimentali rimpiangendo quell’unico amore della sua vita che se andò un giorno senza mai ritornare.
Ed invece viaggio in compagnia di un uomo che ha la pelle che sembra la suola di una scarpa che ha calpestato tante pietre da diventare callosa e insensibile al dolore e al piacere.
Solo di fronte all’odore di quel sapone,che è facile immaginare scorrere sulla pelle bianca di quella donna, l’ho visto cedere ai ricordi ed aggrapparsi al presente per non cadere nella tentazione di crederci ancora.

Fidarsi

Fidarsi.
E affidarsi.
Non è mai una cosa semplice.
Io riesco ancora a farlo con lui.
Lui riesce ancora a farlo con me.
Per il resto diffidiamo.
Non è colpa nostra.
E’ che il mondo ci ha insegnato che il fiume più tranquillo può riempirsi in un istante ed esondare travolgendo tutta l’aspettativa che avevi messo nel suo scorrere tranquillo.
Vivere diffidando è dura ma è anche una forma di rispetto verso i nostri segreti.
Gli altri.
O fanno parte del branco o sono potenziali nemici.
E i nemici sorridono sempre, sopratutto quando hanno fame e sanno che tu hai del cibo con te.
Il cinismo è la capacità di non farsi coinvolgere dalle apparenze, non rischiare di lasciarsi travolgere dal pericolo spinti dal desiderio di sentirci salvati.
La vita non è poesia.
E’ narrativa.
Storie che si ripetono e non insegnano nulla.
L’uomo è troppo preso dal personaggio del protagonista per accorgersi di essere soltanto una comparsa.
Stanotte non ha dormito e io sono stato sveglio con lui.
Discuteva con qualcuno.
C’era dell’amarezza nella sua voce. E l’amarezza toglie il sonno.
L’amarezza è la scoperta del trucco che distrugge l’illusione.
La conferma che la diffidenza aveva un senso.
Il ritrovarsi ancora una volta di fronte alla solita storia in cui dopo aver porto una mano ti ritrovi senza un dito.
Quando ha smesso di discutere si è sdraiato accanto a me cercando finalmente di prendere sonno e prima di chiudere gli occhi mi ha detto:
“Jackson io non so se sono un buon compagno di viaggio ma ti giuro che non prenderò mai strade che possano mettere a rischio la tua vita. Il motivo per cui io mi fido di te e tu devi fidarti di me è che noi due siamo le due gambe, le due braccia e i due occhi di un corpo unico chiamato amicizia. Io sono un uomo e tu un cane, insieme siamo una storia che senza di noi non esisterebbe. Buonanotte.”
Lui si è addormentato e io sono andato accanto al finestrino e come faccio sempre ho ringhiato alle ombre che spesso sono la parte percepibile di qualcosa di più pericoloso.

Stanotte ho dormito benissimo

Gli umani si portano dietro le loro storie mano nella mano e a loro chiedono che strada prendere.
Per questo capita che una donna mi obblighi ad uscire dal bar perchè ha paura di quelli come me.
Nonostante io la guardi con i miei occhi che tutto hanno meno che cattiveria, nonostante io sia alto come un barattolo e scodinzoli a chiunque mi si avvicini.
Io esco perchè so che lui non ama discutere, ma mentre esco mi guardo indietro e guardo lei che tutta soddisfatta pensa di aver vinto la sua battaglia.
Gli umani giudicano per genere, si affidano all’istinto senza mai averlo affinato in nessuna foresta, preferiscono evitare ogni rischio lasciandosi proteggere da un razzismo generalizzato verso opinioni, colori, indumenti e suoni.
Prima di accarezzarmi sento che chiedono se sono cattivo.
Ma non mi vedono?
Perchè invece di usare i pregiudizi non imparano ad usare lo sguardo?
Stanotte ho dormito benissimo.
Forse perchè ieri abbiamo camminato tantissimo.
Lui ha fatto foto ad una ragazza in riva al mare e io giocavo col cane di lei.
Un vecchio cane cieco.
Era la prima volta che avevo a che fare con un cane che non vede.
A parte il muso che a volte andava a sbattere contro mucchi di sabbia o panchine devo ammettere che sembrava che ci vedesse.
Mi ha spiegato che ci si abitua.
Non ad essere cieco.
A quello non ci si abitua mai.
Ci si abitua agli ostacoli.
Il fiuto impara l’odore del vuoto e l’odore del pieno.
E poi si è creato una cartina virtuale nel suo cervello, sa perfettamente quanti sono gli scalini che portano alla cucina, riconosce la presenza di porte dalla mancanza di corrente, e ha insegnato alla zampa sinistra il mestiere di esploratrice che precede sempre di qualche centimetro il corpo a caccia di ostacoli.
E’ un vecchio cane cieco saggio e mi ha raccontato una storia che merita di essere conosciuta.
Quando fu portato in questa casa ci vivevano un uomo che passava il giorno nella sua stanza a scrivere storie e una donna che la mattina usciva per andare a lavorare.
La sera quando lei tornava lui le chiedeva di leggere quello che aveva scritto per avere una sua opinione e lei non ne aveva mai voglia.
Preferiva starsene davanti alla televisione.
Ogni giorno era la stessa storia.
Lui scriveva e lei non aveva voglia o tempo per leggere.
Un giorno, quando lei non c’era, arrivo’ in casa un altra ragazza e la cosa che piu’ lo sorprese è che passarono tutto il giorno a discutere sulla storia che lui stava scrivendo.
Non fecero niente altro.
Che discutere della storia e dei personaggi.
Accadde ancora fino a quando la ragazza che non aveva tempo per leggere scomparve e la ragazza che leggeva prese il suo posto.
Anche lei lavorava, anche lei stava fuori tutto il giorno, ma la sera mentre mangiavano lui raccontava come andava avanti la sua storia e lei a volte rideva, a volte non approvava, a volte piangeva commossa.
Questa storia nasconde un segreto.
L’ingrediente segreto dell’amore.
Il coinvolgimento.
La partecipazione emotiva nella vita altrui.
Il considerare la persona che ami un mondo da esplorare, il coraggio di sentirsi persi nell’isola altrui, l’intelligenza di chiedersi sempre chi è l’altro e non dare mai nulla per scontato.
Non puoi stare con uno scrittore senza essere interessato a cio’ che scrive.
Non puoi amare un musicista ed evitare la sua musica.
Non puoi baciare un avvocato senza chiederti di quale causa stia discutendo.
Non puoi vivere con un operaio senza sapere quanta fatica costa andare ogni giorno in fabbrica.
Non puoi dividere la tua vita con un dentista senza conoscere la difficoltà del guardare ogni giorno nelle bocche degli altri.
Noi cani siamo diversi.
Fosse per noi staremmo ore a sentire le vite degli altri cani.
Le loro case, le loro cucce, i loro giardini, i bambini con cui vivono sono argomenti che non finiscono mai di interessare.
E’ solo la stanchezza a fermarci dal rincorrerci.
Ma dalla stanchezza si guarisce riposando.
Tutto questo mi ha ricordato che anche lui scrive.
E di tutte le donne che ha avuto non ne ricorda una che fosse interessata a cio’ che scriveva.
Per questo mi ha detto.
Jackson scrivi tu.
Ed è per questo che ormai scrivo io.
Preferisce che a leggere siano quegli umani che sanno capire il linguaggio di una bestia piuttosto che quelle bestie che conoscono solo l’alfabeto degli umani.

Per avere sei mesi

Per avere solo sei mesi posso dire di avere già vissuto parecchie esperienze.
Un coast to coast, una nuotata nell’oceano, ho quasi calpestato un serpente a sonagli ed ho visto dei veri indiani.
E stamattina sono stato quasi arrestato.
Stavamo dormendo quando abbiamo sentito bussare al van.
Lui era convinto che fossero i suoi amici che lo venivano a svegliare.
Ma non erano amici.
Erano due tipi enormi con una divisa militare verde, armati fino ai denti, altri due stavano piu’ distanti.
Lui era in mutande e quando se li è trovati di fronte non ha detto nulla.
Lo hanno fatto uscire e gli hanno detto di stare immobile appoggiato contro un pilone di cemento.
Eravamo fermi a dormire nel parcheggio di un hotel, qualcuno deve aver visto una luce all’interno e ha chiamato le forze speciali.
Allora diciamo le cose come stanno.
Lui ha già vissuto situazioni del genere, accadono quando si vive in un van.
Quindi ha cominciato a rispondere alle domande cercando di stare il piu tranquillo possibile.
Io invece per cercare di sdrammatizzare la situazione ho fatto una cosa che li ha fatti sorridere.
Mi sono messo in piedi sul sedile anteriore e ho appoggiato le zampe sul volante.
Uno dei due gli ha chiesto:
“Guida lui?”
“Solo quando bevo.” Gli ha risposto.
Poi ho sentito che cercavano di spiegargli che era un momento particolare e che un van parcheggiato sotto un albergo era un segnale di pericolo.
Lo hanno preso in giro per il minuscolo spray al peperoncino che lui tiene vicino al materasso e quando hanno capito che non era un pericoloso terrorista hanno chiesto scusa e se ne sono andati.
Se dico che è stato divertente vi meravigliate?
Insomma un risveglio un po diverso.
La cosa che piu’ mi ha colpito di quegli umani era l’arsenale che avevano addosso.
Fa strano pensare che a noi per difenderci danno solo dei denti e gli uomini invece hanno sempre pensato a costruirsi armi.
Tranquilli, non vi faro’ menate pacifiste, davanti a un pitbull incazzato a volte un arma farebbe comodo.
Bene, ora vedo che mi sta preparando la pappa e io mi preparo a mangiare, anche oggi ho imparato qualcosa degli umani.
Se dovessi riassumerla direi che di fronte a un interrogatorio il colpevole riesce sempre ad apparire innocente e l’innocente pur dicendo la verità si sentirà in colpa.
E ho anche imparato che questa è la prima cosa che insegnano ai poliziotti e credo anche ai cani poliziotti.
E ora si mangia.

Alcune cose che ho imparato sull’oceano

Alcune cose che ho imparato sull’oceano.
La prima volte che l’ho visto mi sembrava un enorme materasso sul quale correre saltellando e rotolando.
Poi ho messo le zampe in acqua ed ho capito che non era un materasso ma un enorme ciotola piena d’acqua.
Si può rincorrere e farsi rincorrere.
Parlo delle onde che mi inseguivano e scappavano, mai visto nulla che prima sembra cosi’ coraggioso e poi diventa cosi’ pauroso, tutto nel giro di qualche secondo.
La sua grandezza è cosi’ grande che ho deciso di non pensarlo come una cosa sola ma come milioni di piccoli pezzetti d’acqua che hanno deciso di stare insieme.
Visto dalla mia altezza l’orizzonte è come un enorme e tranquillo padrone che tiene a bada la sua potenza.
Mi sorprende che l’orizzonte sia da una parte sola e da questa parte ci sia solo sabbia, pero’ preferisco non farmi domande a cui non so dare risposta.
Un altra cosa che mi spaventava all’inizio è la possibilità che il mondo si inclinasse.
Se venissi investito da tutta quell’acqua sarebbe un disastro.
Poi una volta che mi sono fidato della stabilità del mondo mi sono lasciato andare.
Amo correre sul bagnasciuga e anche se mi bagno e divento pesante il doppio io continuo a correre e sento gli schizzi del mare che mi bagnano il naso, e poi starnutisco, e poi ritorno a correre come se fosse una corsa senza traguardo.
E lui corre dietro di me urlando:
Corsetta, corsetta!
E si arrabbia quando io gli corro tra le gambe, ma a me piace stargli vicino anche se corro il rischio di essere investito dai suoi piedi.
Si stanca sempre prima di me.
Un po sono orgoglioso di questa cosa.
Lui mi da da mangiare, da bere, mi coccola, lui sa fare tante cose che io non so fare, ma io quando vedo l’oceano potrei correre per sempre, e lui invece dopo un po’ mi dice:
Basta. Fermiamoci.
E si siede sulla sabbia ansimando come se fosse appena scappato dall’attacco di un branco di lupi.
L’oceano non si beve.
Questa cosa all’inizio mi sembrava strana poi ho pensato che fosse giusto cosi’.
Credo che non si possa bere per non correre il rischio di berne troppo e poi stare male.
Se ci fosse un enorme ciotola piena di carne io non smetterei di mangiare e poi scoppierei.
E se l’oceano fosse acqua buona io non smetterei di berlo.
Ci sono cose che all’inizio sembrano senza senso e poi anche un cagnolino come me arriva a capirne il motivo.
C’è una cosa che non ho ancora provato a fare.
Andare dove non tocco.
Ho troppo pelo addosso che bagnandosi mi farebbe pesare cosi’ tanto che credo non riuscirei a nuotare.
Pero’ mi piacerebbe provare, magari con lui vicino che mi tiene a galla.
Nuotare deve essere bellissimo.
Un altro modo di correre.
E per finire dall’oceano ho imparato la differenza che c’è tra l’alba e il tramonto.
All’alba il sole guarda il mare e al tramonto il sole guarda me.
La cosa piu’ bella del vivere è che ogni giorno si aprono porte che portano in stanze nuove dove altre porte attendono di essere aperte.
E’ come essere in un castello che non finisci mai di esplorare ma che credi, o che vuoi credere, contenga una stanza in cui su un enorme tavolo ci sia una mappa che contenga la logica di tutti i nostri percorsi.
Scoprire che il caso non è altro che una trama che porta al senso di tutto.

Devo abituarmi agli specchi

Devo abituarmi agli specchi.
Ci vuole del tempo per riconoscersi.
Nel frattempo gioco con me stesso abbaiandomi e sfidandomi.
L’uomo ha bisogno di lavarsi.
Qui sulla strada se ne incontrano molti che quando camminano lasciano dietro di se un odore di abbandono che mi entra nelle narici e mi porta a starnutire.
Come questo che è passato ora.
Pensare che ci ha messo un ora a pulirsi la sedia e il tavolino di fronte al quale si è seduto.
E sulla sedia perfettamente pulita ha appoggiato i suoi calzoni logorati e sul tavolino gioca imprimere le impronte del palmo delle sue mani.
Mi sembra di capire che l’uomo tiene piu’ alle cose che a se stesso.
Ha paura di prendere malattie toccando e non toccandosi.
Si abitua a se stesso e si tralascia.
Per fortuna il mio compagno di viaggio tutti i giorni tira fuori una bacinella dal fondo del van e si lava.
Ha delle salviette che si passa su tutto il corpo e due volte alla settimana mi porta in un posto dove ci sono mille bocche di metallo dove infila dentro calzoni mutande e magliette che puzzano e le tira fuori che profumano.
Su certi miracoli non mi faccio domande.
Stanotte ci siamo fermati dormire in un enorme parcheggio di un grande magazzino aperto tutta la notte.
Mentre stavamo riposando è entrato un tipo strano, lui ha fatto un salto ed è chiaro che si è spaventato.
Io mi sono infilato nella cuccia sotto il letto.
Il tipo aveva la faccia tutta piena di cicatrici, alcune fresche altre ormai seccate.
Lo sapevo che a furia di dimenticarsi di chiudere la porta prima o poi sarebbe successo.
Il tipo ha cominciato a chiedere dei soldi e lui si è calmato.
Un ladro non chiede.
Questo lo sa anche un cane.
Gli ha chiesto di uscire poi ha tirato fuori un biglietto da cinque dollari, e con cinque dollari l’intruso se ne è andato felice.
“Li spenderà per bere e non per mangiare.” Mi ha detto.
Bere?
Ma per bere basta l’acqua ho pensato.
La mia ingenuità mi fa capire il motivo per cui io dipendo da lui e non viceversa.
Ci siamo rimessi in strada e siamo passati davanti al tipo con le cicatrici sulla faccia che era accompagnato da una donna con le unghie lunghe.
“Se vedi dei graffi cerca le unghie e troverai il colpevole.” Dice sorridendo.
Di solito non guida di notte, ma lo spavento devo averlo svegliato.
Io sto sul fondo del van e guardo dal finestrino la strada sfuggirmi via, luci bianche che ci inseguono e luci rosse che fuggono.
Ho un occhio chiuso e un occhio aperto come se dovessi prendere la mira per sparare alla luna che appare e scompare come se volesse giocare.
Ma io sono troppo stanco e mi addormento.
E sogno.
Sono in una casa di cemento in mezzo a un milione di cuccioli come me.
Si apre una porta ed entrano i giganti.
Cerchiamo di metterci in salvo dai loro passi pesanti.
Corriamo tutti verso gli angoli della casa.
Poi un gigante si abbassa si guarda intorno e ne acchiappa uno per portarlo via.
Quando torniamo soli ci guardiamo e senza avere il coraggio di chiedere cosa accada a chi è stato portato via.
C’è chi comincia a costruire ipotesi di un paradiso, chi è convinto che sia l’inferno.
Chi giura che tutto dipenda dalla fortuna e chi non credendo in nulla pensa che una volta presi non si finisce da nessuna parte.
Ma nessuna parte deve essere da qualche parte.
E abbaiamo come matti fino a che il gigante non da due calci nella porta che spaventano tutti e nessuno osa piu’ aprire bocca.
Mi sveglio.
Siamo fermi.
Lui sta dormendo.
Io mi sposto e mi metto di fianco a lui col muso contro il suo muso.
Lo annuso un po’ e poi torno a dormire.
Sono tranquillo. Se sento il suo odore vicino al mio non faccio sogni cattivi.

Non fatevi ingannare

Non fatevi ingannare.
A quattro zampe non ci si prepara all’umiliazione semplicemente si è piu’ stabili.
La posizione eretta si presta invece perfettamente alla genuflessione.
Per questo sono felice quando lui si mette carponi e gioca con me, abbaia anche, o meglio ci prova ed è felice se io faccio finta di capire cosa mi voglia dire.
Mi gira intorno goffamente, ma mi fa ridere ed io scodinzolo.
Sono sicuro che gli sarebbe piaciuto essere una bestia, non una bestia qualsiasi.
Nel van abbiamo foto di lupi e di bisonti.
Sono i suoi animali preferiti, dopo di me naturalmente.
Io di notte dormo profondamente.
Forse troppo.
A volte sento la sua mano che si posa sulla mia pancia, e sta li qualche secondo ad ascoltare il cuore che batte e poi si allontana.
Vuole essere sicuro che io sia vivo e poi torna a dormire.
E quando lui dorme io mi tiro su e vado verso il finestrino e guardo fuori il mondo di notte.
Ringhio alle luci, mi spavento se vedo ombre strane e poi mi accuccio semplicemente per guardare il buio che ammetto mi fa un po di paura ma mi piace guardarlo.
Ieri abbiamo guidato poco.
Credo fosse stanco e ci siamo fermati in un piazzale.
Lui ne ha approfittato per pulire tutto il van.
La pulizia del van merita un approfondimento.
E’ un paradosso matematico.
Ci mette un ora a metterlo in ordine e cinque minuti a farlo tornare incasinato come era prima.
Come è possibile?
Il fatto che il caos si espanda piu’ velocemente dell’ordine è uno di quei misteri su cui l’uomo non indaga abbastanza.
Noi animali risolviamo il dilemma con la nostra incapacità di riordinare ma con lo straordinario talento di scompigliare qualsiasi luogo in pochi istanti.
Verso sera siamo arrivati in una piccola città fatta di piccole casette colorate d’azzurro e rosa, era vuota come fossimo arrivati fuori stagione.
E quando ha chiesto all’unica persona presente in città come mai non ci fosse nessuno un vecchietto gentile ha risposto:
“Le case si popolano d’estate, in questa stagione i medium sono tutti altrove.”
Ho visto un espressione meravigliata sul suo viso.
Era arrivato fino qui per cercare qualche prova sull’esistenza degli spiriti e tutti quelli che sono predisposti a questo compito fondamentale per dare un senso alla vita dell’uomo sono in vacanza.
“Ti rendi conto Jackson che abbiamo fatto tutta questa strada per nulla?”
Mi rendevo conto.
Ha parcheggiato e ci siamo fatti una camminata lungo le strade deserte mentre veniva buio.
Si avvicinava alle finestre e guardava dentro i salotti bui ed abbandonati.
C’erano troppo angeli in giro.
Moltitudini di angeli di terracotta, di plastica, stampati e incisi, dappertutto bambini con le ali, troppi.
Tutti con una faccia felice come se fosse normale avere delle piume sulla schiena.
Gli umani hanno questa abitudine di disegnare ciò che vorrebbero fosse vero.
Disegnano cuori per sentirsi innamorati, disegnano sorrisi per sentirsi felici e disegnano angeli per sentirsi protetti.
In questo deserto di umani vedo apparire un cane solitario.
E’ un vecchio segugio che avrà piu’ di dieci anni, mi dice che questo è il periodo migliore dell’anno perchè puo’ correre per le strade senza rischiare di essere investito.
Poi si avvicina e mi invita a seguirlo.
Non avendo niente altro da fare lo seguiamo.
Arriviamo di fronte a un dondolo che è immobile sotto il portico di una casa.
Lui fa un balzo e ci salta sopra e comincia a dondolarsi.
Io lo seguo e un attimo dopo si siede anche lui.
Dondoliamo.
Dondolare è una piu’ belle invenzioni che gli umani abbiano mai creato.
L’idea di un qualcosa che dondoli è geniale.
Il segugio abbaia felice.
Io, che non avevo mai dondolato in vita mia, provo un senso di profonda soddisfazione.
Lui ha una faccia soddisfatta e detta il ritmo con leggere spinte dei piedi sul terreno.
Cosi’ va la vita.
Siamo venuti fino qua per cercare una risposta al dilemma dell’eternità e ci ritroviamo ad oscillare sul mondo senza pensare a nulla, cullati da una mamma invisibile e con l’unico dilemma di decidere quando scendere.
L’eternità puo’ attendere.
Del resto l’eternità ha un sacco di tempo da perdere e noi no.

L’accanirsi degli umani

Non sopporto degli umani il loro accanirsi su ciò che rimane sul fondo del bicchiere.
Aspirare il nulla con la cannuccia e fare quel terribile rumore di bolle d’acqua che friggono.
Lui la pensa come me.
Dopo aver lanciato un occhiata schifata al tipo seduto vicino a noi che non si rassegna alla fine del caffè americano usciamo e andiamo a finire la colazione nel van.
Lui con il suo muffin io con il mio osso verde che fa bene ai denti.
Oggi piove e il tergicristallo va a singhiozzo.
Quando si blocca lui da dei pugni sul cruscotto e quello riparte.
Io osservo tutto dalla mia cuccetta che sta proprio sotto il letto.
La dentro mi sento al sicuro, sul fondo ho nascosto una specie di topo di pezza che se gli mordo la testa fa un rumore di pernacchia.
Ogni tanto ci gioco, non più di tre minuti.
E’ un gioco stupido mordere un topo di stoffa, ma è meglio di niente.
Vi devo raccontare una cosa.
Stamattina stavamo uscendo molto presto dalla casa della ragazza, quella con la cicatrice sul ginocchio.
Era ancora buio.
Prima di uscire lui le ha scritto qualcosa su un biglietto e lei ha sorriso.
Poi lui l’ha baciata in quel posto che c’è tra il collo e la spalla.
Lo stesso posto dove io appoggio la mia testa quando mi prende in braccio.
E lei ha continuato a sorridere.
E poi nonostante fossimo già con un piede e una zampa fuori dalla porta siamo rientrati.
Mi hanno detto di giocare con l’altro cagnolino e loro si sono chiusi in camera.
Quando sono usciti dalla stanza Lei aveva una espressione strana ma meno stupida di quella che aveva lui.
E quando è uscito per andarsene si è dimenticato di me.
Avete capito?
Si è dimenticato di me.
La ragazza gli ha urlato dietro e lui è corso a prendermi chiedendomi scusa mille volte.
Scusa Jackson non lo faro’ mai piu’.
E rideva.
Rideva anche lei.
L’unico che non rideva ero io.
Ho riflettuto molto su questa cosa.
Credo sia l’amore che fa andare fuori di testa le persone.
Chiamarlo amore è una concessione che faccio al vocabolario degli umani.
Io per istinto lo chiamerei voglia di annusarti, di girarti attorno saltando, e poi di rincorrerti, e farmi rincorrere, e combattere col guinzaglio per annusarti sul muso e ascoltare il tuo alito che mi sbatte sul naso.
Ma se anche accadesse tutto questo io sono sicuro che non mi dimenticherei mai di lui.
Nemmeno per la piu’ bella cagnolina al mondo.
O forse si.
Comunque siamo di nuovo in viaggio e viaggiamo fino a metà giornata quando dopo aver girato su una piccola strada che porta verso la campagna frena e parcheggia.
Siamo in cima a una collina e intorno ci sono solo enormi pietre piantate nel terreno.
Sono una tentazione per la mia voglia di fare la pipi’, ma quando mi avvicino lui mi porta via.
“Non si fa la pipi’ sulle tombe. Jackson questo non lo devi fare.”
Se vi dovessi dire cosa è una tomba avrei qualche difficoltà, ma da come mi ha parlato era come se mi avesse detto che non si sporca sui ricordi.
Mi allontano e lui si accuccia e comincia a leggere i nomi che sono incisi sulle pietre, legge e passa a quella dopo fino a quando ne vede una che attira la sua attenzione.
“Jackson ho trovato il suonatore Jones!”
Corre verso il van, prende un libro e comincia a leggere:

La terra ti suscita,
vibrazioni nel cuore: sei tu.
E se la gente sa che sai suonare,
suonare ti tocca, per tutta la vita.

Poi appoggia il libro di fronte alla pietra e mi dice:
Andiamo.
Parola che conosco benissimo.
Se sono nel van significa che usciamo.
Se sono fuori significa che torniamo nel van.
Mentre si avvicina la sera il cielo si apre e libera un sole che sembrava già rassegnato .
Sarà per questo che i suoi raggi sembrano vampate di fuoco che coinvolgono l’orizzonte trasformandolo in un mare di luce verso cui la nostra barca naviga imbarcando storie.
Viene buio, ma non finisce qua…
Un attimo prima che gli occhi mi si chiudano lo osservo.
I suoi occhi la stanno guardando.
Non importa che non ci sia.
I suoi occhi la stanno guardando nello stesso modo in cui si guarda il cielo per capire da che parte andare per evitare la tempesta.

Maledette Pigne

Maledette pigne.
Cadono sul tetto del van facendomi svegliare.
Ogni volta sembra un attacco nemico.
Lui non si sveglia mai.
Privilegi dell’esperienza che ti insegna che una pigna non potrà mai farti del male nonostante il rimbombo.
Quante cose devo ancora imparare.
Vivere dovrebbe servire a questo.
Fare esperienze, incastrarle nel dna, trasformarle in istinto e passarle ai tuoi figli che le passeranno ai tuoi nipoti.
Oggi abbiamo viaggiato molto, ci siamo fermati solo al tramonto in una città strana che mi ha messo in imbarazzo.
Nei giardini lungo la strada c’erano piccole statue di marmo raffiguranti angioletti.
Non c’era giardino senza angioletto e ho passeggiato un ora cercando un posto libero da angeli per fare le mie cose.
Vi confesso una cosa riguardo alle statue.
Sono il luogo dove amano dimorare gli spiriti.
L’unica occasione che gli rimane per darsi una fattezza umana.
Ogni bambola, pupazzo statua o bambolotto ospita qualcuno.
Non sono stupidi i bambini che li trattano come fossero vivi, sono stupidi i grandi che non ne riconoscono la vita.
In questa città ricolma di piccole statue c’era un cagnolino abbandonato che girava da solo nascondendosi dietro i cespugli.
Aveva lo sguardo triste di chi ha dovuto ammettere a se stesso che una volta addomesticati non si puo’ piu’ fare a meno di avere un padrone.
Se non impari a cacciare sei condannato alla dipendenza.
Ha ragione, non imparero’ mai a cacciare, sono piccolo e ho due canini che non saprebbero uccidere nemmeno un topo, sono nato per fare compagnia non per uccidere.
L’ho visto allontanarsi con uno sguardo malinconico, il mio guinzaglio gli ricordava i giorni in cui l’essere legati significava essere amati.
La cosa piu’ bella che ho visto oggi è un enorme girasole di legno che da lontano sembrava vero.
Era appoggiato su una panchina, non ho capito se è stato dimenticato o se era li per attirare l’attenzione.
Accanto al girasole era seduta una ragazza con un vestito giallo, lei e il fiore sembravano una cosa sola.
Lui si è avvicinato e le ha chiesto qualcosa, si è seduto e hanno cominciato a parlare.
La ragazza non appena lui si è seduto ha accavallato le gambe , lui ha lanciato un occhiata alle sue ginocchia e ha notato una cicatrice.
E io so che lui ama le ragazze che hanno cicatrici sulle ginocchia.
Le viene in mente una ragazza che ama correre e correndo a volte cade e atterra sulle ginocchia.
Esce il sangue e si forma quella cicatrice che ti viene voglia di grattare ma se la gratti non va piu’ via.
Rimane il segno che è una medaglia, ti ricorderà sempre che sei stata giovane, veloce e ribelle e sei caduta nel tentativo di sfidarti.
Hanno parlato fino al tramonto mentre io giocavo con un ciuffo d’erba.
Ricordo il racconto di un mercante d’armi che chiamo’ la città Angelica per dimostrare a sua moglie quanto la amava.
Mi sono addormentato chiedendomi come si fa a convincere tutte le mogli di una città a vivere in un luogo che ha il nome di una moglie sola.
Mi sono svegliato che era buio.
Abbiamo passeggiato fino a una casetta bianca con un patio meraviglioso di fronte al quale c’era un cuscino.
Qui abita un altro cane.
Ci ha aperto la ragazza con la cicatrice sulle ginocchia. Dietro di lei c’era un muso schiacciato che mi guardava sospettoso.
Io scodinzolo, lui scodinzola.
Si fa presto a diventare amici.
Ho passato la sera a provare il suo divano, i suoi tappeti, abbiamo corso su e giu’ per le scale ed ho persino mangiato dalla sua scodella.
Tutto questo mentre lui e lei seduti in cucina ridevano.
Se due umani ridono e sono maschio e femmina persino un cucciolo come me capisce che stanotte non si dorme sul van.
Lei ha un abito a fiori corto ed è senza scarpe con i piedi appoggiati con le punte sul pavimento di legno, lui le sfiora le gambe con le sue gambe e poi si ritrae come se lo scontro fosse fortuito.
Fino a che l’inaspettato toccarsi diventa voluto.
Stanotte niente pigne sul tetto.
Buonanotte.